mercoledì 23 febbraio 2011

DAL RINASCIMENTO A MAURO MASI

Ho letto con grande piacere il commento dedicatomi da Offhegoes e la replica per esteso di Blackswan.
E ne traggo spunto per precisare che la mia non è esterofilia.
So bene che se uno vive stabilmente all'estero, e vive la quotidianità di un altro paese anzichè conoscerne qualcosa a spot, magari vede che le magagne ci sono anche altrove.
E so bene anche che noi italiani abbiamo, o quanto meno avremmo, retaggi e qualità con pochi uguali nel mondo.
E' proprio da questo che nasce la mia incazzatura.
Dal pensare a quali fuoriclasse assoluti potremmo essere se solo fossimo un po' meno cialtroni.
Lasciandomi andare a generalizzazioni volutamente tagliate a fette grosse, non possiamo pensare che i tedeschi imparino ad essere fantasiosi e duttili.
Nè possiamo pretendere che i francesi, soprattutto i parigini, diventino persone alla mano che ti mettono a tuo agio.
Ma noi, sì, cazzo, che potremmo diventare più affidabili e seri.
Per quello basta riflettere un attimo, guardare mezzo metro al di fuori del nostro particulare ed agire di conseguenza.
Non ci vuole alcun particolare genio, e quello che abbiamo non lo perderemmo di sicuro.
Uno dei retaggi di cui sopra è la cultura.
E Blackswan dice, giustamente, che si rende conto che è un trait d'union forse un po' elitario ma che è anche una fonte cui tutti possono bere.
Il guaio è che non succede più.
Un tempo le masse degli umili ambivano alla cultura, la desideravano per i loro figli.
Se un ragazzo andava male a scuola nessuno si sognava di andare a lamentarsi con i docenti.
Pedate al giovane, perchè quella è la scuola cui lui si doveva adattare (non il contrario), e cara grazia che potesse andarci.
I meno ricchi sfidavano le notti al gelo fuori dai teatri, anche qui a Milano, per comprare i biglietti del loggione.
Ricorderete tutti il film "Novecento", dove si vedeva il matto del paese che girava vestito da Rigoletto e piangeva la morte di Giuseppe Verdi.
Cultura "alta" per il popolo.
Oggi, di tutto questo poco o nulla.
E da qui salto a Mauro Masi.
Il link è ovviamente rappresentato dalla televisione quale principale responsabile dell'incultura dilagante.
Leggo che il pover'uomo è nell'occhio del ciclone perchè ad Arcore gli si imputa di non avere limitato gli sberleffi di Luca e Paolo a Sanremo.
La nemesi al suo massimo livello: dopo che lui ha fatto figure assurde telefonando a tutte le trasmissioni in cui veniva criticato il suo mandante, il mandante stesso lo vuole silurare perchè a Sanremo (su Rai 1, rete governativa per antonomasia) il controllo è mancato.
Fin lì uno dice: ok, Masi fuori dalle balle è cosa buona e giusta a prescindere.
Ma, come dicevano i latini, in cauda venenum: si pensa già a dove piazzarlo e l'ipotesi è l'ENI.
E io dico: perchè?
Cioè, perchè questo essere inutile, al quale io non farei dirigere nemmeno una scala di condominio, deve per forza essere a capo di qualcosa, e per di più di qualcosa di grosso?
Perchè i nostri manager pubblici, che fanno i manager nel pubblico perchè nel privato spazzerebbero i cessi, sono sempre gli stessi, sempre in pista da un ente all'altro, e sempre con exit-fee da nababbi anche quando hanno assommato perdite d'esercizio?
Ma ve lo ricordate Cimoli, quello delle ferrovie?
Perchè nessuno insorge, neppure a sinistra?
Perchè manca cultura, nel caso di specie la cultura della capacità e del merito, e soprattutto manca dignità perchè ognuno tiene famiglia.
Quindi oggi silenzio su Masi, così magari domani salta fuori una poltrona per qualcun altro.
E via così, cialtroneggiando, il cerchio si chiude.
Mala tempora currunt, ho bisogno di tirarmi su.
Andrò a vedermi qualche vecchio video degli Iron Maiden su Youtube.
23 febbraio 2011
Ezzelino da Romano

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