lunedì 28 febbraio 2011

Per la Libia e per il resto dell'Africa

Nei giorni scorsi la guerra si è riimpossessata dei nostri teleschermi con una virulenza particolare.
In Libia, Gheddafi ha convogliato a Tripoli e a Bengasi mercenari assoldati in Sudan ed in Mali per scagliarli contro la sua stessa gente.
Per fortuna si trattava per lo più di disperati raccogliticci che sono stati presto sopraffatti dai ribelli e resi inoffensivi.
Ben più grave è stato il risultato dei raid aerei ordinati dal sedicente colonnello contro i dimostranti.
E meno male che la più parte dei piloti si è ben presto unita alla rivolta, perchè non oso pensare a che cosa avrebbe potuto succedere se quel pazzo avesse avuto il controllo di tutta l'aviazione.
Comunque, anche così è stata una strage.
Ed è stata una strage voluta e freddamente attuata, perchè quando si bombarda e si mitraglia dal cielo non c'è alcuna possibilità di fare fuoco in modo mirato.
Ammesso che abbia un senso parlare di fuoco mirato.
Con gli aerei, si colpiscono per forza di cose dimostranti e non, uomini come donne e bambini.
La follia di un dittatore morente che non esita a sterminare la sua gente.
Non una parte della sua gente, quello lo avevano già fatto anche altri, ma la sua gente nell'insieme.
Bombardate Tripoli, chi c'è c'è.
Di questo abominio ci accorgiamo perchè la Libia è di fronte a noi, perchè Gheddafi qui è di casa (blandito sempre da tutti i governi, chi più chi meno compostamente), ma anche perchè temiamo per i nostri interessi economici e per i prevedibili nuovi flussi di immigrazione clandestina.
Eppure, paragonato ai ras degli innumerevoli stati e staterelli dell'Africa nera sempre in guerra tra loro, e sovente anche in guerra con se stessi, Gheddafi sembra quasi un leader occidentale.
Mentre noi discutiamo dell'ennesima fiducia in parlamento, in Africa ci sono figuri che entrano nei villaggi alla testa delle loro truppe e quando ne escono nulla si erge dal suolo per più di qualche centimetro.
Dopo qualche mese od anno, se non muoiono a loro volta, hanno discrete possibilità di diventare capi di stato, vampirizzare i loro paesi, accumulare fortune all'estero e sparire per tempo se tira aria brutta.
Noi però questi non li vediamo, perchè con loro non commerciamo e soprattutto perchè i loro popoli hanno l'abitudine di restare prevalentemente a casa loro a morire di fame e di stenti anzichè migrare verso le nostre coste.
Ma presto o tardi qualcuno ce ne chiederà conto, e io spero che succeda.
Faccio mie le parole di un vescovo, che sotto Natale rivolge ai suoi un lungo pensiero, un passaggio del quale dice: "Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna e con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame".
E resto stupito quando vedo i molti neri che affollano le nostre strade, cercando di venderci qualcosa per pochi spiccioli, quasi sempre sorridenti e ben disposti.
Ne trovo molti attorno al Tribunale, e spesso li schivo per fretta.
Per evitare di essere intercettato, a volte faccio la faccia pensierosa, e qualche giorno fa uno di loro mi vede, si fa una gran risata alla Eddie Murphy e mi dice: "Ehi capo, oggi sei incazzato nero, eh?".
Mi sono detto che sono proprio un povero scemo, e che dovrei saltellare per la strada per il solo fatto di essere nato in un paese ricco e pacifico.
Certo, ognuno ha i suoi problemi, e non nego che vivere nel paese di Renzo "Trota" Bossi, di Nicole Minetti et cetera non sia per nulla semplice.
Tuttavia, resto convinto che ogni tanto ci farebbe bene soffermarci a pensare a tutti quei miliardi di individui nel mondo che possono permettersi una prospettiva di qualche ora, e cercare di trovare l'essenziale delle nostre vite.
Milano, 28 febbraio 2011.

Ezzelino da Romano

1 commento:

Blackswan ha detto...

L'essenziale nelle nostre vite non c'è,amico mio.Non abbiamo per compagna di vita nè la morte nè la fame.Aspiriamo ad un nuovo cellulare e non al tozzo di pane che serve a sfamare,negli stenti della miseria,una famiglia.Bestemmiamo perchè piove se attendevamo il sole,quando la pioggia a soli tremila chilometri da qui è il senso di tutto.Ci lamentiamo perchè dobbiamo andare a lavorare a piedi,quando c'è gente al mondo che non ha mai visto un auto,e non ha nemmeno un lavoro.E inveiamo contro una dittatura che non ci spara,ma ci tiene prigionieri e schiavi riempiendoci la panza di cibo e la testa di stronzate.Ci penso spesso,Ezze,e la domanda,spietata e mesta, è sempre una sola:cosa possiamo fare ?