venerdì 17 giugno 2011

Il senso della pecora

No, state calmi, non è un post pornografico.
Avete presente il vecchio meccanismo detto "della maggior sfiga"?
E' quel trucchetto per cui quando uno pensa che gli vada tutto male, basta guardare quelli che stanno peggio per sentirsi subito meglio.
La mia personale applicazione del metodo si svolgeva allo stadio.
Quando da ragazzo mi capitava di sentirmi un po' giù, entravo a San Siro dagli ingressi accanto a quelli riservati ai disabili, e hop!
Come per incanto, mi sorprendevo a fischiettare saltellando.
Poi giocava l'Inter degli anni '80 e la festa finiva subito, ma questo è un altro film.
L'incipit serve perchè qualche giorno fa abbiamo assistito tutti all'exploit di Renatino Brunetta, che ha malamente sbroccato davanti ai precari.
Uno vede Brunetta in quelle condizioni, considera che fa il ministro, e conclude che non c'è speranza.
Però poi dal mediterraneo è arrivata la notizia dell'arrivo dell'ennesimo barcone di migranti, con a bordo una quarantina di persone e una pecora.
Attimo di sconcerto: ma perchè una pecora?
Era perchè tra i quaranta c'era anche un bambino piccolo, e la pecora serviva ad allattarlo durante la traversata.
E allora voi capite che a fronte di queste cose Brunetta, Luciano Moggi, Bisignani, le mignottelle di Arcore, ma anche lo stesso Berlusconi retrocedono al rango di problemi minori.
Pseudoproblemi che angustiano le esistenze dorate di noialtri ricchi signori con tre pasti al giorno assicurati, cioè di quel 15 - 20% dell'umanità che non ha fame.
Perchè non c'è dubbio che la figura della pecora a bordo del barcone abbia un sapore biblico, e richiami il ricordo ancestrale dell'epopea dei flussi migratori arcaici, quando interi popoli si muovevano con donne vecchi bambini e, appunto, gli animali, perchè lì dove si andava non c'era certezza di trovarne altri.
C'è anche, a mio parere, una certa grandezza in questo episodio, perchè chi si muove in quel modo rivendica a gran voce il suo diritto ad una vita e ad un futuro per sè e per i suoi.
Ragion per cui mi riesce in realtà anche un po' difficile vedere uomini del genere come dei poveracci nel senso classico del termine.
Vittime delle loro origini, senza dubbio, ma che forza esprimono!
Come i primi albanesi, li ricordate?
Attraversavano l'Adriatico su navi strapiene, alcuni appesi alle catene delle ancore all'esterno dello scafo, e quando scendevano a terra avevano una fierezza nello sguardo che colpiva.
Ora, in questo io non sono vendoliano, e sull'idea di abbracciare tutti i fratelli rom e musulmani ho le mie cautele.
Tuttavia, mi pare fuor di dubbio che questa gente porti linfa ed energia nuove in un paese irrimediabilmente vecchio.
Può darsi che tra qualche anno li si debba ringraziare.
In fondo, se negli Stati Uniti ci fossero rimasti sempre e solo i coloni inglesi, oggi il paese non sarebbe ciò che è.
Sulla Statua della Libertà campeggiano i versi che più o meno dicono "Datemi i vostri poveri, i vostri diseredati ecc. ecc."
Non dico che dovremmo innalzare anche noi la nostra statuetta, ma magari abituarsi all'idea che ci sono anche gli altri, che vanno rispettati e che possono essere addirittura una risorsa, non sarebbe male.
Non mi dispiacerebbe se tra dieci, o venti, o cinquant'anni l'episodio del barcone con la pecora imbarcata per dare latte a un bambino fosse diventata un'icona da libro di storia.
E soprattutto, sarebbe bello se gli italici professionisti del lamento si rendessero conto che essere quelli che ricevono i migranti, anzichè essere i migranti, vuol dire avere avuto in dono dagli dei una botta di culo di prim'ordine.
Il senso della pecora, appunto.

Ezzelino da Romano

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