martedì 11 settembre 2012

BILL FAY - LIFE IS PEOPLE

GENERE : Songwriter

La lentezza è un valore, lo è sempre stato. Oggi, probabilmente, è il valore più prezioso di tutti.Viviamo a cento all'ora, i nostri giorni ci sfuggono dalle dita come granelli di sabbia al vento, consumiamo e centrifughiamo ogni cosa quasi senza una consapevolezza, come se fossimo rotative perennemente in funzione e traessimo solo dal continuo movimento il senso ultimo dell'esistenza. Succede allora che quando scopri un disco come Life Is People ti venga quasi d'istinto fermarti, metterti a sedere e riflettere. Bill Fay è un grande cantautore, di quelli però che camminano con passo leggero, così leggero da non lasciare che tenui impronte sulla lunga spiaggia della musica. Eppure ti accorgi che esistono quando il caso ti fa incontrare una delle loro canzoni, lasciate in giro nel corso degli anni con garbata discrezione, come a non voler disturbare, come se la bellezza fragile di quelle note potesse sciuparsi per troppi ascolti. Non è un caso che Fay abbia pubblicato due splendidi dischi agli inizi degli anni '70 e poi si sia fermato, lasciando in noi solo pochi, sbiaditi ricordi. Doveva fare altro, reinventarsi un mestiere e un'identità, forse semplicemente voleva vivere, e vivere in modo semplice, lontano dai clamori e da quello star system che quasi sempre piega l'arte alla logica del profitto e logora chi il profitto non lo fa. Ci sono voluti quarantun anni perchè Fay tornasse a incidere. Forse non aveva nulla da dire o forse aspettava il momento di poter cantare al meglio le proprie canzoni. In fin dei conti, non è la prima volta che ci imbattiamo in musicisti per cui la lentezza è un bene essenziale alla creatività : mi vengono in mente i Blue Nile di Paul Buchanan, sette anni tra un disco e l'altro, Peter Gabriel che in diciotto anni ( dal 1992 al 2010 ) ha rilasciato solo tre dischi in studio, gli Spain, tornati alla ribalta nel 2012 dopo undici anni di silenzio, e quel geniaccio di Gleen Gould che incise le Variazioni di Goldbergh di Bach la prima volta nel 1955 e poi, non soddisfatto del risultato, dopo averci riflettuto un pò su, una seconda volta nel 1981. Fay, invece, si è preso la bellezza di quarantun anni: un eternità. Ha aspettato che il mondo si dimenticasse di lui, che le sue belle canzoni di un tempo si tramutassero in sbiadite icone di una stagione lontana e che lui stesso si trasformasse in un altro uomo, con un un volto diverso, un vissuto più ricco, e un'anima, che come il buon vino, invecchiando, maturasse nei profumi e nella struttura. 




Life Is People è un disco all'apparenza semplice, dall'andamento umorale, quasi istintuale nell'alternarsi di melodie che talvolta giocano con la luce del sole, per poi rinchiudersi come d'incanto in una penombra crepuscolare. Eppure, non ostante l'apparente immediatezza delle composizioni, Life Is People è un disco che si gusta piano, ascolto dopo ascolto, centellinando, con parsimonia, le fascinazioni, i rimandi, le implicazioni. Non è una questione di testa, ma di cuore. Le canzoni di Fay si insinuano sotto pelle, ci gonfiano l'anima di umori, ci pervadono di vita e di morte, ci scuotono con frementi nostalgie, ci illanguidiscono con morbidi sorrisi, ci inebriano di una remota, antichissima sacralità, che è soprattutto tendenza all'assoluto, forse ricerca del divino ( ascoltate la sublime preghiera di Thank You Lord, ballata in equilibrio fra estasi e tormento ). Nessuna delle tredici canzoni che compongono la track list passa attraverso la nostra anima senza lasciarci qualcosa, non c'è un attimo che non risulti necessario, nulla che non finisca in qualche modo per stordirci d'emozione. Le note fluiscono in noi, come trasportate da un refolo di salvifico vento, sollevate appena da un fraseggio di piano, intuite in un lontano noise chitarristico, dipinte dai cromatismi cangianti di un folk speziato d'America, cullate da una voce calda e sofferta, eppure mai arresa. There Is A Valley e This World declinano il verbo folk blues con nuova linfa : ci sono i Wilco ( Jeff Tweedy compare nella seconda delle due canzoni citate ), c'è Dylan, ci sono sfuggenti barbagli di sole. L'incedere solenne, dal crescendo quasi ieratico, di Big Painter si avviluppa lentamente nelle spire di una malinconica elegia d’archi, che richiama alla memoria l’ultimo Vic Chessnut e il Gabriel di Family Snapshot. In Jesus Etc.( cover del brano dei Wilco, tratta da Yankees Hotel Foxtrot ), Fay spoglia l'originale della ritmica e dell’incalzante spensieratezza, e cuce, con la sola trama della voce e del piano, un’interpretazione tanto decisiva da entrare di diritto nel breve novero della canzoni che fanno la differenza fra vivere e morire. Così bella e struggente, che saremmo disposti ad attendere altri quarant’anni per poterne ascoltare un’altra uguale.

VOTO : 9


Blackswan, martedì 11/09/2012
 

10 commenti:

m4ry ha detto...

Hai ragione, questo è un disco meraviglioso.
L’ho già ascoltato diverse volte, in circostanze e situazioni differenti, ed ogni volta riesco a cogliere qualcosa di nuovo che mi era sfuggito. In realtà è un disco che asseconda gli umori, o per lo meno asseconda molto il mio umore di questo periodo. Periodo di riflessioni e cambiamento. Un periodo in cui più che mai sento il bisogno di ritmi lenti, per lo meno ritmi lenti per la mia mente, perché il mio corpo, per forza di cose, deve sempre viaggiare a 3000 :)
Gli hai dato un 9..a Mid Air avevi dato 10..per me forse sono alla pari…mi sono affezionata parecchio a entrambi i dischi :)
P.S. A volte, si sente forte il bisogno di reinventarsi…e io lo so bene…ci ho messo una ventina d’anni a capirlo, ma meglio tardi che mai :)
P.P.S. Gran bel post killer :)
Bacio e buona serata

Nella Crosiglia ha detto...

Concordo in pieno con te e con Mary. Mi ero dimenticata di lui e pensare che lo ricordavo spesso negli anni passati
Il compositore dal passo felpato che cammina con impronte leggere , ma lascia un solco nel tuo cuore.
Come sempre e come non dirlo , ottimo post e gradito ritorno!

Irriverent Escapade ha detto...

Gia' solo a leggere il post mi pregustavo un ascolto da "holiday on a solitary beach". Poi lo ho ascoltato ( ignorante sono: non lo conoscevo) e non so perche' mi e' venuto in mente Cat Stevens dopo la conversione (non ricordo il suo nuovo nome: io sono quadrata, Cat Stevens era e tale rimane). Insomma mi sembra un po' troppo mistico....oh gosh sto anche sentendo odore d'incenso

Fulvia ha detto...

Ciao Nick, bel pezzo, musica e voce insieme una coccola.

La firma cangiante ha detto...

Grandissimo pezzo Nick (il suo e pure il tuo). Mai provato a scrivere di musica per qualche rivista?

Blackswan ha detto...

@ Mary : due dischi che sgomiteranno per la prima piazza a fine anno. Anche io faccio fatica a smettere di ascoltarli entrambi.

@ Nella : questo disco di solchi nel cuore ne lascia davvero tanti :)

@ Irriverent : a dire il vero, Cat Stevens è sempre stato un ottimo anestetico, prima e dopo la conversione :) Questo, invece, lo trovo un disco memorabile. Te lo dice uno che non sa nemmeno che odore abbia l'incenso : ) Questione di gusti, ovviamente :)

@ Fullina : un disco che sa lenire motlo bene le ferite dell'anima :)

@ Firma : Molto meglio Fay. Grazie,comunque :) No, non ho mai provato,anzi ho passato anni ha vergognarmi e solo da poco pubblico ciò che scrivo.

Granduca di Moletania ha detto...

Prendere il proprio tempo, concederne il meno possibile alla banalità e allo scontato. E quando non si ha nulla di notevole da dire, è meglio stare in silenzio, piuttosto che parlare del tempo.
Conosco persone che non possono vivere senza parlare, che trovano nel parlare uno dei motivi per cui vivere.
Io, che sono un fancazzista semi-professionista e che anche il solo parlare mi costa fatica, spesso ascolto. E ho ascoltato con piacere "Thank you lord": intimista e scarna; in un periodo musicale tutto urla e lustrini, mi ha fatto molto piacere.

Bravo Black.

Adriano Maini ha detto...

Da quello che qui ho sentito si confermano in pieno i tuoi assunti. Musica che già mi ammalia!

Irriverent Escapade ha detto...

@Black. L'incenso marocchino e' mitico.
Non ti ho detto che non mi piace questa musica. Questione di sensazioni. In questo periodo nessuno piu' di me ha bisogno di calma e riflessione....e' che tendenzialmente faccio fatica ad immergermi in atteggiamenti intimistici. Cosa alla quale, innegabilmente, questa musica porta.
Fidandomi del tuo gusto (e guidata dalla solita passione del post) mi prometto di ritentare un ennesimo ascolto cercando di lasciare da parte un po' del mio eccessivo pragmatismo...o della mia scarsa sensibilita'

Stefania ha detto...

il libro che accosterei a questo cantante sarebbe La lentezza di Kundera :)