sabato 20 aprile 2013

BOMBINO – NOMAD



La main street del blues, è risaputo, scorre dal Malì fino al Mississippi. Immagine scontata, certo, ma quanto mai vera. Il lungo percorso da quelle terre africane, dove tutto ebbe inizio, fino al delta del grande fiume americano in cui le due culture si fondono, era già stato percorso da artisti ormai celebrati quali i Tinariwen e i Tamikrest. Oggi, lo stesso viaggio, direzione gli Easy Eye Sound Studios di Nashville, è stato intrapreso da un favoloso chitarrista di nome Bombino (una strana storpiatura dal termine italiano bambino), trentatreenne africano del Niger (originario della zona devastata dalla guerra, confinante con il Mali), in attività dal 2009. A portarlo nel sancta sanctorum della musica a stelle e strisce ci ha pensato Dan Auerbach, leader dei Black Keys, che insieme all’artista africano ha riarrangiato e prodotto brani tratti dal primo album dell’artista tuareg, Guitars from Agadez. Vol. 2 (2009). Se da un lato i puristi del blues del deserto storceranno un po’ il naso per l’operazione di “occidentalizzazione” messa in piedi da Auerbach, è vero per converso che le undici canzoni in scaletta sono state rese appetibili anche a coloro che amano il sapore del blues ma non sono abituati a piatti particolarmente speziati. Tutto sommato la produzione del chitarrista dei Black Keys ha un suo perché: salvo alcuni casi in cui Auerbach calca (un po’ troppo) la mano (Amidinine è completamente snaturata e sembra un out-takes da El Camino), il tentativo di rendere fruibile ai più un suono “diverso”, mantenendo intatto il fascino delle radici africane, è riuscito. Imidiwan e Zigzan(una meraviglia il tappeto di tastiere in crescendo) sono gli esempi più lampanti di come le diverse culture musicali possano fondersi con risultati eccellenti senza che una delle due prevalga sull’altra. E’ tutto il disco, a dire il vero, che procura suggestioni, e anche se non ci troviamo di fronte a un capolavoro come Aman Iman dei Tinariwen, ascoltare la chitarra di Bombino che racconta il deserto con il tocco morbido di un Mark Knopfler dalla pelle scura è un’esperienza che convince.

VOTO : 7





Blackswan, sabato 20/04/2013

3 commenti:

qualcosascrivo ha detto...

Sapessi cos'è bombino in dialetto parmigiano... ;)

mr.Hyde ha detto...

A me piace molto,come come piacciono moltissimo i Tinawiren..Il blues continua a contaminare sè stesso: come giustamente dici la dialettica tra il luogo di origine (l'Africa) e lo sviluppo (America-Europa)continua ma fondamentalmente il linguaggio non cambia e rimane inconfondibile.

Blackswan ha detto...

@ Domani : attendo lumi :)

@ Mr Hyde : nella musica come nella vita le contaminazioni sono crescita. Una vera meraviglia. Ieri sera, ho ascoltato ragazzi di ventanni suonare il blues dei padri: un'autentica goduria. Questa è musica che non potrà mai morire.