domenica 1 settembre 2013

AT THE DRIVE IN – RELATIONSHIP OF COMMAND



Non durò molto la stagione degli At The Drive In, ma fu intensa, sferragliante e per certi versi indimenticabile. In sette anni, dal 1993 al 2000, videro la luce tre full lenght e quattro EP, e più tardi, nel 2005, quando lo sguardo su quei giorni infuocati assunse i connotati dell’obiettività, arrivò anche This Station Is Non – Operational, suntuoso raccoltone (arricchito di un paio di cover)  e definitiva pietra tombale sulla storia del gruppo. Una band, quella di El Paso, che non ebbe mai il successo commerciale che si meritava, ma che tuttavia ottenne sempre i favori della critica, che li elesse a eredi naturali del movimento hard-core e a paladini della scena rock indipendente a stelle e striscie. Merito di canzoni incendiarie, dirette, scevre da ogni compromesso stilistico, di performance live impetuose come cariche di cavalleria e di una militanza politica, tanto cara alla sinistra radicale, che richiamava alla memoria le gesta dei connazionali MC5. Come si è detto, furono anni straordinariamente intensi, e lo furono anche a cagione dei contrasti interni al gruppo dovuti a visioni artistiche diverse : l’ortodossia del chitarrista Jim Ward, da un lato, e la ricerca di un linguaggio più ricercato e complesso da parte del cantante Cedric Bixler Zavala e del chitarrista Omar A. Rodriguez Lopez, dall’altro.




Un crescendo di dissapori che nel 2001 portò allo scioglimento del combo, i cui membri confluirono in due nuove formazioni : gli Sparta e i Mars Volta. Relationship Of Command è l’ultimo capitolo della saga At The Drive In ed è anche il vertice più alto di una discografia scarna ma sempre di livello eccellente. Un vero e proprio capolavoro di post hard – core, che se da un lato rilegge con gusto moderno la lezione dei Black Flag e dei Fugazi, dall’altro diviene pietra angolare e di riferimento per tutto il movimento nel nuovo millennio. Il disco si apre con le note minacciose di Arcarsenal, feroce compendio di ciò che l’hard core sarà negli anni a venire : lo screaming abrasivo e tirato all’inverosimile di Cedric Bixler Zavala e la spigolosa chitarra di Omar Rodriguez Lopez che fonde alla perfezione furia omicida punk e brevi accenni alle complessità prog che successivamente caratterizzeranno la musica dei Mars Volta. Un incipit dall’impatto devastante, che mette subito le cose in chiaro sul talento visionario del gruppo e su quello che sarà il contenuto del disco. 



Nel quale, a ben ascoltare, anche le trame che appaiono di un’inusitata cattiveria non sono mai avulse da un tessuto melodico di trama (volutamente) grezza che tutto sottende. Basta ascoltare l’anthem di One Armed Scissor per rendersi conto di quanto geniali fossero le intuizioni di Bixler Zavala e compagni: un equilibrio perfetto in cui vivono fianco a fianco assalti punk, bridge melodici, un tesissimo crescendo centrale, stratificazioni noise e un ritornello, che se non fosse per i controcanti abrasivi di Jim Ward, avrebbe quasi un appeal radiofonico. Ringhiano e non fanno sconti, gli At The Drive In, servendo all’ascoltatore un piatto di lava incandescente dall’altissimo tasso di indigeribilità noise (Mannequin Republic, Sleepwalk Capsules, e la poderosa Cosmonaut, in cui la voce rabbiosa di Blixer Zavala è sorretta da una travolgente iperventilazione chitarristica). Eppure, anche quando rallenta il passo, il quintetto di El Paso riesce a scrivere canzoni di ruvida bellezza. E’ il caso di Invalid Litter Dept, ballata dai forti contenuti socio politici (chi volesse approfondire la storia della canzone, clicchi QUI), in cui una melodia scabra e un ritornello possente spingono l’ascoltatore verso le urla disperate che chiosano un parossistico crescendo finale. In una scaletta che concede all’ascoltatore solo pochi istanti di pausa (il pianoforte sgangherato della malinconica Non- Zero Possibility), c’è spazio per un paio di brani che spostano ulteriormente l’asticella della sperimentazione. La rabbia sintetica di Enfilade gioca la carta dell’alchimia visionaria, fondendo noise, elettronica, bonghi e una breve digressione dal sapore parigino, in un tentativo meravigliosamente riuscito di destrutturare l’hard core, tanto da renderlo irriconoscibile, mentre il fiume in piena di Rolodex Propaganda, brano impreziosito dalla presenza di Iggy Pop alla voce (pares cum paribus facile congregantur), rende ancora più malevolo l’interplay chitarristico con l’uso schizofrenico di un sintetizzatore. Relationship Of Command resta ancora oggi uno dei dischi più avanguardistici degli anni ’00, in cui l’hard core esce definitivamente dalla struttura convenzionale del genere, viene contaminato e modernizzato, in un gioco di rimandi tra entità musicali (quelle che vivranno dopo lo scioglimento del gruppo) diametralmente opposte: rabbia furibonda e indole violenta al servizio di un più complesso e stratificato impianto melodico. Cuore e cervello per superare a velocità supersonica gli orizzonti più lontani, quelli che solo i grandi osano immaginare.




Blackswan, domenica 01/09/2013

4 commenti:

Nella Crosiglia ha detto...

Saranno senza dubbio molto intriganti, ma non entrano nelle mie corde ..
Ma come sempre prima di dare un parere definitivo, preferisco ascoltarli meglio...
Grazie come sempre caro Blackswan::))

mr.Hyde ha detto...

Sono andato subito ad ascoltare la canzone seguendo il link,Mi è piaciuta, anche il post, molto.

La firma cangiante ha detto...

Bellissima descrizione per un ottimo albume che, non mi vergogno a dirlo, trovai ostico ai primi ascolti e che crebbe in seguito. Nonostante, come dicevi anche tu, la critica abbia osannato quest'album la mia preferenza va però al progetto successivo di Cedric Bixler Zavala e Omar Rodriguez Lopez, quel De-Loused in the comatorium dei Mars Volta del quale mi innamorai senza riserve.

melonstone ha detto...

chissà, è passato qualche anno ormai e probabimente gli assalti sonici di Relationship of Command non mi suonano più familiari, ma questo disco ha rappresentato uno spartiacque per la musica alternativa, insegnando agli stessi Fugazi che si poteva essere alternativi, ruvidi, vibranti ed allo stesso tempo dannatamente melodici. E tutti ne presero nota. Visto che la recensione è come al solito perfetta, butto in pasto a chi legge una riflessione sul lavoro chitarristico, che rappresenta una delle vette più alte della ricercatezza nell'incrocio delle sei corde. Nel mio piccolo pantheon di opere d'arte in questo contesto, tutto il disco degli At the drive in va messo al pari di Some girls dei Rolling Stone e del disco omonimo dei Blind Melon per l'intreccio chitarristico che resterà alla storia