martedì 22 ottobre 2013

PEARL JAM - LIGHTNING BOLT



Mi domando come potrei recensire un disco così se non fossi un fan sfegatato di Vedder e soci, se, fin da quel lontano 1991 in cui vide la luce Ten, non aspettassi ogni loro cd, come si aspetta il Natale o una ricorrenza gioiosa. Me lo chiedo sempre a ogni uscita targata PJ, così come mi chiedo cosa potrei raccontare di Lightning Bolt se fosse il decimo disco di un altro gruppo o l'esordio di una band nuova di pacca. Ne parlerei bene perchè per chiunque altro le mie aspettative non sarebbero così alte, o ne parlerei male perchè il marchio Pearl Jam è un valore intrinseco di un certo tipo di musica a cui nessun gruppo può aspirare? Una cosa è certa, e lo è a prescindere dai gusti personali e dall'affetto che provo per la band di Seattle : parafrasando quello che scrisse Oscar Wilde a proposito delle donne, i Pearl Jam non hanno ormai più nulla da dire, eppure continuano a dirlo così bene. Insomma, Eddie Vedder e compagnia cantante sono anni che, come gli Ac/Dc, tanto per citare un'altra icona rock per eccellenza, fanno sempre lo stesso disco, come se la voglia di esplorare e imboccare nuove strade si fosse esaurita una decina di anni fa (ma i PJ hanno mai davvero tentato nuove strade che non fossero quelle di un rock ad alto contenuto energetico?). E non è solo questione di contenuti, ma anche di forma. Fateci caso: Lightning Bolt è strutturato in fotocopia a Backspacer. Inizio scoppiettante, sciabolata punk piazzata alla seconda o terza traccia (qui è la convincente Mind Your Manners), un successivo alternarsi di ballate e brani più movimentati e finale ad alto tasso di lirismo (in Backspacer era The End, qui l'intensa Future Days). Sempre tutto uguale. Anche la qualità è più o meno la stessa dei precedenti dischi e l'impressione è quella di una scrittura che non appena si eleva dal minimo sindacale previsto dal contratto è ancora in grado di rifulgere dell'antica bellezza. Così a fronte di modesti riempitivi (Let The Records Play) e di alcuni episodi francamente avvilenti (mi riferisco all'inconcludente Infallible e all'indolente banalità di Sleeping My Self, che sembra uno scarto di magazzino da Ukulele Songs), ecco che qui e là lo standard s'inpenna verso l'alto e alcune canzoni dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, che certi fuoriclasse sono duri a morire. Mi riferisco in particolare al pop-rock cristallino dell'ottima Sirens, alla più complessa e strutturata Swallowed Whole e soprattutto a Pendolum, crepuscolare ballata a firma Ament- Gossard, che rientra di diritto nel novero delle migliori canzoni di sempre dei Pearl Jam. Dopo ripetuti ascolti, l'impressione è quella di trovarsi di fronte a un disco onesto, con buoni picchi creativi, ma che tuttavia palesa alcuni momenti di stanca e, soprattutto, la tendenza a seguire le inclinazioni di Vedder, sempre più proteso alla ricerca di forme espressive altre rispetto al rock e decisamente più morbide. Fosse stata un'altra band, avrei usato il termine imborghesimento. Per i miei amati Pearl Jam, è sufficiente dire che si sono un filo ingentiliti. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

VOTO : 6,5





Blackswan, martedì 21/10/2013

14 commenti:

La Rossa ha detto...

Forse perchè dai "grandi" ci si aspetta sempre qualcosa di più.
Ciò che scrivi è onesto ed innegabile.
Detto questo, non vedo l'ora di conoscere la data del loro live in Italia.

mr.Hyde ha detto...

Sirens è bella, molto(Non so il resto,però).Ed ascoltandola mi rendo che molti gruppi rendono meglio dal vivo, anche se suonano le stesse canzoni, perchè hanno un loro specifico modo di suonare, di trascinare, infatuare il pubblico e di rapportarsi con esso che è inimitabile.Vedi i Rolling Stones, solito esempio,che non propongono più niente, se non loro stessi e le le loro vecchie canzoni. Un po' perchè si ha paura di sperimentare, un po' perchè un po' tutto è stato detto..
Lontano dal palco, immersi nell'ascolto asettico di una traccia,fuori dall'incantesimo, e lontano dalla loro aura siamo più lucidi e ci rendiamo meglio conto della cruda realtà che descrivi come al solito benissimo.

Resto In Ascolto ha detto...

in tanti si sono affannati a recensire il disco al primo ascolto, forse ce l'avevano pronta anche prima, sapendo cosa sarebbe venuto fuori dai brani. io ho aspettato una ventina di ascolti, ma sostanzialmente concordo con quello che si è scritto sul web e con il tuo giudizio. alti (My Father's son, getaway, Sirens, Pendulum le mie preferite) e bassi (su tutte Mind your....odiata sin dal primo ascolto, troppo spin the black circle per i miei gusti). Lustra bene certe cadute di tono la classe e la forza interpretativa di Vedder, c'è niente da fa'. concordo anche con mr Hyde che ormai il meglio lo danno dal vivo.
ma per il momento lascio che il disco suoni ancora a lungo.
un abbraccio
Gianni

James Ford ha detto...

L'ho sentito solo di striscio, ma anche io ho avuto quest'impressione.

Mi pare che dai tempi di Binaural i buoni, vecchi PJ non abbiano più osato in alcun modo.

Blackswan ha detto...

@ La Rossa : a chi lo dici ? Io non me ne perdo uno dei concerti dei PJ.

@ Mr Hyde : i PJ dal vivo sono uno degli spettacoli più entusiasmanti del circuito rock ( vedi Rolling Stones). In studio fanno il minimo sindacale da un pò di anni. però, non mancano le canzoni superbe e Vedder da solo fa cose egregie (ascolta Ukelele Songs).

@ Resto in ascolto : Io,un disco dei PJ, lo consumo, prima di riporlo nello scaffale. Li amo e li amo anche quando non sono al top. Poi, se scindo passione e obbiettività, questo è il giudizio. Un disco onesto, niente più.

@ Mr James Ford : sempre dischi buoni (a mio avviso, nessuno insufficiente, ma nulla che sia davvero indimenticabile Però, hanno le canzoni e qualcuna la azzeccano ancora ( vedi Sirens e Pendulum).

Euterpe ha detto...

Parli con uno che era andato a vederli a San Francisco nella tourneè di Vitalogy ( disco epocale ).
Sono più o meno d'accordo sulla base del tuo ragionamento.
Ti chiedo però una riflessione sull'incoerenza di Sirens.
La canzone mi piace molto, se però l'avessero scritta 15 anni fa i fans gli avrebbero sparato nella schiena.Se vogliamo essere onesti Sirens assomiglia molto come impostazione di canzone a ballad dell'epoca Hair-metal, vedi something to believe in dei Poison, gruppo che insieme ad altri ha scatenato la reazione grunge degli anni 90. Non è un po' incoerente con la loro storia fare un pezzo sullo stile di bands che erano la loro antitesi venti e più anni fa?

Blackswan ha detto...

@ Euterpe : a San Francisco non sono mai andato, non prendo aerei :) Ma in Italia li ho visti sempre. Capisco le tue perplessita, ma non ravviso alcuna somiglianza fra i Poison e i PJ, nemmeno per Sirens. Che, come ho scritto, è un brano molto pop (il che non è necessariamente un difetto, per come la vediamo noi), e ma anche di qualità elevatissima.Concordo sul fatto che quindici anni fa, le ballate della band erano un filo diverse :)E probabilmente i fans avrebbero reagito con una punta di astio.

Cannibal Kid ha detto...

sempre la solita musica, per quanto ben fatta, giusto un po' più imborghesita.
se non altro vedo che, per quanto fan sfegatato, sei stato (abbastanza) obiettivo :)

Blackswan ha detto...

@ Marco : dopo il tuo 6,5 al disco di Miley Cyrus, questo e' tutto grasso che cola ;)

Offhegoes ha detto...

Anche io sono fan sfegatato...ed a me e' piaciuto. Al primo ascolto ho pensato" non tradiscono mai"...dopo oltre 20 ascolti concordo che ci sia poco di nuovo ma quello che c'e' e' fatto benissimo. Personalmente preferisco le certezze a sperimentazioni che spesso, in musica, lasciano il tempo che trovano....potremmo citare milioni di esempi di dischi "sperimentali" che erano e restano boiate pazzesche nonostante le iperboli di critici snob alla ondarock....

si potrebbe aprire una rubrica al riguardo ;))

io gli do 7, soprattutto per pendolum....basta questa canzone a farlo salire dalla sufficienza e renderlo discreto....come per Immortality in Vitalogy (che si era super sperimentale e conteneva un paio di cagatine inenarrabili e quasi inascoltabili...)

Granduca di Moletania ha detto...

Dopo Backspacer (album che ritenevo di transizione) non sapevo cosa aspettarmi con questa nuova uscita.
Ma anche Lightning Bolt ha le stesse caratteristiche (come hai detto giustamente tu): pochi guizzi e tanta maniera.
Sirens è la canzone che più affascina al primo ascolto; e sarebbe anche una bella canzone, ma faccio fatica a vederla addosso ai PJ. Pendulum e Getaway raccolgono il mio apprezzamento.
A questo punto credo non ci sia alcuna transizione: forse il cambiamento sta proprio tutto quà.

Un abbraccio.

Granduca di Moletania ha detto...

P.S. : Sleeping by myself non è uno scarto di Ukulele songs: ne faceva proprio parte . La versione dei PJ è meno intimista e in fondo non è neanche malaccio .

Concordo pienamente con il voto : 6.5 . I ragazzi sono capaci, ma si dovrebbero applicare di più.





melonstone ha detto...

Sai che ne ho fatto una mia recensione,siamo discordi su quali siano le canzoni up e quelle down, ma concordiamo sulla sufficienza. E' un Backspacer parte seconda, solo meno convincente, a mio avviso. Pensandoci ancora più a mente fredda, vengono in mente le parole dell'invervista di Rolling Stone a Brendan O'Brien, quando dice che all'inizio erano tutti concordi nel registrare il disco in breve tempo, salvo poi interrompere le session per oltre un anno, perchè tutti impegnati in altre cose. Brendan O'Brien lo dice con una vena polemica, poichè lui aveva impostato un altro lavoro e penso che in questa descrizione c'è il presente della band, divisa tra mille altri impegni collaterali da non dedicare troppo tempo al formato disco. Certe cose, ai tempi di Vitalogy, sarebbero state scartate. oggi no

La firma cangiante ha detto...

Ancora da ascoltare questo album, certo è che ormai credo sia difficile che la fiamma si riaccenda. I Pearl Jam hanno mantenuto una certa coerenza e comunque il giusto rispetto verso il proprio pubblico. Probabilmente l'ispirazione è andata, in gran parte almeno, rimangono impegno, professionalità, onesta e qualche guizzo qua e là. Dopo tanti anni di carriera non li si può condannare. Un gruppo davanti al quale inchinarsi.