sabato 30 novembre 2013

ANDERS OSBORNE - PEACE




Si votassero i dischi solo dalla copertina, quest'ultimo lavoro di Anders Osborne, classe 1966, chitarrista nato in Svezia ma americano di Lousiana, sarebbe da dieci. Una cover che non lascia fraintendimenti: il volto paffuto di una bambina dallo sguardo torvo, che esplicita il proprio dissenso con un dito medio che non ammette repliche. Salvo poi trovare in circolazione la versione censurata con lo sticker che trasforma il vaffanculo in un innocente segno di vittoria. Un gesto irriverente e di rottura le cui motivazioni possono essere trovate nella storia recente di Anders, uscito a fatica da un periodo di tossicodipendenza e giunto al giro di boa dell'esistenza, quella spaventosa quarantina, che Gozzano chiamava "l'età cupa dei vinti". Insomma, un bel vaffa' ci sta proprio bene e accompagna il disco forse più duro e rock di Osborne. Parte Peace e si capisce l'andazzo : un disturbante rumore di sottofondo che introduce un ballatone elettrico che sembra uscito da un album di Neil Young, uno di quelli suonati in condominio con i Crazy Horse. Chitarre ruvidissime, un tocco di psichedelia e una canzone che da sola vale l'acquisto di un disco. Ma sono tante le frecce all'arco di questo eclettico musicista. La successiva 47, ad esempio, si colora di un groove leggero e molto radiofonico (non a caso è il singolo estratto dall'album), e si chiude con un assolo di chitarra spettacolare; in mezzo alla musica, invece, un’amara riflessione sul tempo che passa e sugli anni appena compiuti da Anders ("...but nothing happens at 47...). Ma l'età non conta quando si hanno tante cose da dire e un piglio da rocker di razza. Ecco allora due grandi brani rock che trasmettono buone vibrazioni elettriche : Let It Go, che trova l'esatto punto di fusione fra ZZ Top e White Stripes, e Five Bullets, ruvidissimo garage che si imparenta a un cantato sgarbatamente rap. Osborne però trova ottimi argomenti anche quando rallenta il passo, come nella conclusiva My Son e soprattutto in Sentimental Times, una sorta di A Whiter Shade Of Pale 2.0. E non è finita : il meglio del disco, a parere di chi scrive, è Windows, funky acustico dal groove trascinante impreziosito da un inaspettato solo di sax. Ad accompagnare il nostro nella lavorazione di Peace, due solidi musicisti, tanta sostanza e niente fronzoli: Eric Bolivar alla batteria e Carl Dufrene al basso. Grande disco.

VOTO : 8






Blackswan, sabato 30/11/2013

2 commenti:

mr.Hyde ha detto...

Il video promette bene, se tutto l'album è così, anche qualcosa in più dell' otto. Buona domenica.

Blackswan ha detto...

Mr Hyde : il disco è davvero tutto bello. La canzone postata è molto neilyounghiana, il resto però, come scritto, si diversifica parecchio.