domenica 16 marzo 2014

JOAN AS POLICE WOMAN – THE CLASSIC




La domanda sorge spontanea fin dai primi ascolti di The Classic: ma come fa questa ragazza a non sbagliare mai un disco? Joan Wasser, al secolo meglio conosciuta come Joan As Police Woman, è dal 2006, infatti, e cioè dai tempi del suo esordio, The Real Life, che mantiene un livello compositivo di altissima qualità. Cinque album, al netto di un Ep risalente al 2004, in cui la Wasser ha tratteggiato, sebbene in modi diversi, un percorso musicale che l’ha condotta dai lontani inizi punk a un songwriting che rielabora il rock, ormai ridotto a poche scorie, in una moderna e affascinante black music. Non è stato semplice il cammino di Joan: la morte del fidanzato Jeff Buckley, quella dell’amata madre e infine una pesante depressione, che l’aveva trascinata alle soglie del baratro, avevano punteggiato le sue canzoni di cupe visioni e grumi di sofferenza. Oggi, la quarantatreenne cantautrice del Maine, torna invece sulle scene con il suo disco più solare, che a tratti si fa addirittura istintuale e divertito, come avviene nell’irriverente funky della spensierata e travolgente Shame. C’è voglia di leggerezza in questo disco, e lo si sente fin dall’apertura di Witness, in cui la Wasser pesca dal cilindro, rielaborandola con gusto personale, una rumba che vira nel soul, a dir poco mozzafiato, del ritornello. E si sente anche nella successiva Holy City, rielaborazione in note di un viaggio in Israele, la cui anima gospel si cela in un corroborante groove che sfocia in un finale funky, ascoltando il quale si fa fatica a tenere a freno la voglia di ballare. Eppure, nonostante gli accenti brillanti e il mood che a tratti si fa addirittura giocoso (il reggae di Ask me), The Classic è un disco ragionato e maturo, che non nasconde le fonti di ispirazione (Stevie Wonder, Erikah Badu, Chic e, come non pensare a Amy Winehouse per il classic soul della title track) rielaborandole però con un gusto tanto moderno da apparire futuribile. Certo, a voler trovare un difetto al disco, si può affermare che il corpo centrale dell’opera, ove il ritmo si rallenta e compaiono all’orizzonte nuvole cariche di pioggia e di presagi, il linguaggio diviene un poco verboso a scapito dell’immediatezza espressiva. Ma è solo una sensazione che dura il momento di un attimo e che svanisce quando il lettore passa l’intensa, carnale e tormentata Stay, uno dei vertici compositivi della carriera della Wasser. Allora, tutto è chiaro: The Classic è il disco della definitiva consacrazione di una delle artiste più interessanti dell’ultimo decennio, una musicista che riesce a rinnovarsi e a migliorarsi di anno in anno senza mai tradire se stessa e i moti della propria anima. Che possono avere gli spigoli affilati del dolore o, come in questo caso, l’esuberante loquacità di chi è felice di essere in vita. Da ascoltare e riascoltare come perfetta colonna sonora di questo anticipo di primavera.

VOTO: 8





Blackswan, domenica 16/03/2014

4 commenti:

Lucien ha detto...

Non ho avuto le stesso fantastico impatto di "The deep field" però è un'artista di classe che non si discute.

Blackswan ha detto...

@ Lucien: The Deep Field era un album stratosferico, eppure The Classic riesce comunque a convincere, anche se in modo diverso.io lo trovo meno introverso,più semplice,più solare.

Cannibal Kid ha detto...

è vero, joan non sbaglia un disco.
però allo stesso tempo non è ancora riuscita a fare un capolavoro indimenticabile...
comunque, fino a che continua a fare dischi "solo" buoni, va bene così! :)

Unknown ha detto...

se passi da me in serata c'è un premio per te...