domenica 6 aprile 2014

A MUSICARES TRIBUTE TO BRUCE SPRINGSTEEN




L’8 febbraio del 2013, a Los Angeles, Bruce Springsteen è stato insignito del prestigioso premio “Person Of The Year”(già consegnato in passato a personaggi del calibro di Sting, Bono, David Crosby, etc.), assegnato dall’Academy (la stessa dei Grammy) e da MusiCares, un’associazione che si occupa dell’assistenza a musicisti in difficoltà. Presupposto per l’assegnazione del premio, non sono esclusivamente i meriti artistici ma soprattutto quelli filantropici, l’aver cioè contribuito in modo fattivo alla causa dei più deboli e degli emarginati (Springsteen supporta parecchie Food Banks in giro per il mondo e finanzia molte associazioni che si occupano dei reduci della guerra del Vietnam). Questo dvd, pubblicato il mese scorso dalla Columbia, documenta quindi la serata di gala in cui l’onorificenza è stata assegnata: ad alternarsi sul palco numerosi artisti che rileggono le canzoni del boss (a presentare l’attore e comico Jon Steward), in platea, lo stesso Springsteen (che chiuderà la serata con cinque brani) e famiglia (ci sono mamma, moglie, figlia), oltre a parterre de roi di stelle più o meno note anche da noi (il giochino per lo spettatore è riconoscerne il più possibile). Un contesto quindi molto patinato che ha poco a che vedere con l’impatto sanguigno ed energico dei live act springsteeniani. Eppure, forse proprio perché il boss siede in platea ed assiste all’evento, si ha  l’impressione che (quasi) tutti i musicisti chiamati a misurarsi con un repertorio divenuto ormai leggendario, cerchino di dare il meglio di sé per non sfigurare innanzi a uno dei padri del rock a stelle e strisce. Tolto Elton John (davvero fuori contesto) che mortifica, privandola di pathos, Street Of Philadelphia, e (stranamente) Neil Young, alle prese con una Born In The Usa troppo sgangherata per essere vera, gli artisti chiamati in causa se la cavano tutti egregiamente e qualcuno in modo eccelso. Scontata e professionale Patti Smith con Because The Night, grintosi gli Alabama Shakes con Adam Raised A Cain, inappuntabile Kenny Chesney (mr. Zellweger) con One Step Up, inusuale Juanes con una spagnoleggiante Hungry Heart. Il meglio però arriva da Jackson Browne, che insieme a Tom Morello, rilegge in modo commosso American Skin, da Mavis Staples e Zac Brown che esaltano in chiave gospel My City Of Ruins, dai Mumford And Sons che giganteggiano con una versione blue grass di I’m On Fire e soprattutto da John Legend, la cui versione per pianoforte e voce di Dancing In The Dark è destinata a rimanere nella storia. Il finale (Thunder Road, Born To Run e Glory Days) con Springsteen e parte della E Street band è semplicemente da manuale. Un manuale di grandissima musica. Imperdibile per tutti i fans del boss.

VOTO: 7 






Blackswan, domenica 06/04/2014

6 commenti:

Bartolo Federico ha detto...

bravo legend, ma la canzone a mio parere, resta tra le cose piu' brutte scritte da bruce.ciao nick

Blackswan ha detto...

@ Bartolo: io sono springsteeniano per fede, un religioso,insomma. e quindi posso affermare che il boss non ha mai scritto una brutta canzone :))))

Bartolo Federico ha detto...

ok nick come non detto.

Blackswan ha detto...

@ Bartolo: stavo solo scherzando :)

Bartolo Federico ha detto...

non ti volevo ferire troppo, dicendoti che di canzoni brutte bruce ne ha scritte anche troppe, ciao nick.un abbraccio

Blackswan ha detto...

@ Bartolo: sono impermeabile. E' la fede. Un abbraccio a te :)