martedì 8 aprile 2014

ART TATUM - THE PABLO SOLO MASTERPIECES







Quando il critico e imprenditore musicale Leonard Feather definì Art Tatum come "il più grande improvvisatore della storia del jazz, a prescindere dallo strumento", non fece altro che confermare una verità divenuta ormai leggenda. Non sono infatti pochi i musicisti e gli addetti ai lavori che nel tempo hanno manifestato un'ammirazione viscerale nei confronti del pianista originario di Toledo (Ohio). Basti pensare che in un sondaggio effettuato tra quarantasei pianisti due anni dopo la sua morte , trenta indicarono Tatum come il loro pianista preferito. Numeri davvero eccezionali per uno che ha vissuto solo quarantacinque anni. D'altra parte, non è un caso che un altro fenomeno del pianoforte, Fats Weller, vedendo entrare Art Tatum nel locale dove stava suonando, interruppe il concerto per rendere omaggio al pianista presentandolo al pubblico come "il Dio vivente del pianoforte". E se a dirlo era Fats Weller, un genio capace di scrivere nove canzoni di getto, in piedi e appoggiato al bancone di un bar, solo per ripagare i nove hamburger che aveva consumato senza avere con sè il becco di un quattrino, c'è da starne certi. Tatum era così bravo che il grande compositore russo Serghei Rachmaninov (quello del mitico Rach 3, per intenderci) dopo averlo sentito suonare disse che si trattava del più grande pianista mai ascoltato. E le stesse parole uscirono dalla bocca dal grande pianista classico di origine ucraina, Vladimir Horowitz. 



Leggenda vuole anche che un adolescente Oscar Peterson, dopo che suo padre gli fece ascoltare per la prima volta una registrazione di Tiger Rag, smise di suonare il piano per intere settimane, tale fu la frustrazione e al tempo stesso l'ammirazione per il genio di Tatum. Come è possibile riuscire a suonare così bene e così velocemente? E pensare che Art Tatum (nato il 13 ottobre del 1909) non solo si approcciò al pianoforte da autodidatta, ma ebbe anche una gioventù travagliata da gravi problemi di vista. Fin da bambino, infatti, fu malato di cataratta, e solo dopo numerose e dolorosissime operazioni riuscì a riacquistare il 70% della vista. Purtroppo, all'età di 20 anni, subì un'aggressione a scopo di rapina e fu brutalmente malmenato dai suoi aggressori, tanto da perdere completamente l'uso dell'occhio sinistro e da aver quasi completamente compromessa la vista in quello destro. Tutto ciò, tuttavia, non gli impedì di continuare a studiare e a suonare (nel 1929 tiene la sua prima esibizione per radio) e grazie al proprio talento innato, nel 1932 era già a New York al seguito della grande cantante Adelaide Hall, pigmalione musicale di Duke Ellington. Grande ammiratore di Fats Weller e Earl Hines, Tatum era capace di misurarsi tanto con la musica classica (celebre la sua reinterpretazione dell'Op. 101 Humoresque n.7 e della Elegie di Jules Massenet) quanto con lo stride, lo swing e il boogie woogie. Suonava sempre a una velocità fulmicotonica, ampliava i brani con lunghe improvvisazioni e abbelliva la linea melodica con  rapidissime scale, tanto ascendenti che discendenti. Mano sinistra potentissima e muscolare nel tenere la ritmica, mano destra che improvvisava a velocità non umane, la diteggiatura di Tatum era fenomenale perchè nonostante bruciasse i tasti del pianoforte, il suono era sempre nitido, cristallino, pulitissimo. Ambidestro, come testimoniano alcune immagini di repertorio, Tatum era tanto geniale quanto sregolato: beveva come una spugna (morì per un'insufficienza renale dovuta all'abuso di alcolici), amava la bella vita e restava sveglio per giorni interi a suonare. Guascone, istrionico e competitivo oltre misura, le cronache lo vedevano impegnato spesso e volentieri nei cosiddetti cutting contests, sfide fra musicisti per stabilire chi fosse il più abile a suonare un determinato strumento. 




Una volta, correva l'anno 1950, durante una serata al mitico Birdland di New York, Bud Powell, completamente ubriaco, sfidò Tatum, dicendogli:"...ti insegno io come si suona a tempo e come si suona veloce!...". Tatum, gli rise in faccia (era Bud Powell, non uno scalzacani!), invitandolo a ripresentarsi il giorno seguente, e ovviamente sobrio: "...non ora fratello, ma vieni qui domani sera, alla stessa ora, e tutto quello che tu suonerai con la mano destra io lo rifarò con la mia sinistra". Powell, all'indomani, dopo essersi allenato tutta la giornata, decise saggiamente di ritirarsi in buon ordine e di non presentarsi alla sfida. Misurarsi con Art Tatum avrebbe voluto significare incorrere in un figura barbina difficilmente emendabile: era troppo più abile, troppo più veloce di chiunque altro si fosse mai seduto innanzi a un pianoforte. Lo sapeva bene il produttore Norman Granz che, nell'inverno del 1953, lo volle al suo fianco per realizzare il più grande progetto discografico per piano solo della storia del jazz. Gli mise a disposizione uno studio di registrazione, invitandolo a suonare per tutto il tempo che il pianista avesse voluto e tutte le canzoni che desiderava. Ne nacque una sessione di registrazione ininterrotta della durata di 48 ore il 28 e il 29 dicembre 1953. Tatum realizzò, senza sbagliare alcun assolo, suonando giorno e notte, 70 brani che saranno poi raccolti nella collana "Tatum Solo Masterpieces" pubblicate dalla Pablo Records. La cosa incredibile è che alla fine del primo giorno, proprio durante l'esecuzione di un assolo, il nastro di registrazione si esaurisce. Una volta recuperata una nuova bobina, Tatum, invece di ricominciare il brano da capo, ripartì a suonare esattamente da dove l'assolo si era interrotto, senza che poi, in sede di mixaggio, si percepisse l'interruzione. Questa mitica raccolta, pubblicata più volte negli anni '70, ha visto la luce anche nel 1991 in una versione interamente rimasterizzata in digitale, e poi ancora, con un'ennesima ripulitura, nel 2010. Il cofanetto comprende 8 cd (trovate i cd anche separatamente, ma vale la pena, per ragioni di prezzo, di acquistare l'intera raccolta) e una scaletta sontuosa di standard del jazz, tra cui Caravan e In A Sentimental Mood (Duke Ellington), Begin the Beguine e Night And Day (Cole Porter), Tea For Two (Inving Caesar), Stardust (Mitchell Parish) e Someone To Watch Over Me (Ira Gershwin), tanto per citarne qualcuno. Se amate il jazz e vi piace il pianoforte, questo cofanetto è assolutamente imperdibile. Anche perchè, una volta ascoltato Tatum, nessun altro pianista vi sembrerà più all'altezza. Mai più.




 Blackswan, martedì 08/04/2014

3 commenti:

LUIGI BICCO ha detto...

Tatum è riconosciuto ancora oggi come uno dei più grandi musicisti del secolo scorso. E non è certo un azzardo affermare che ancora oggi rimane inarrivabile.

Bel post. Giusto tributo ad una personalità del genere.

P.S.: Solo un refuso: è Fats Waller, non Weller.

Baol ha detto...

Adoro le storie di jazz...

Ezzelino da Romano ha detto...

Il jazz continua a non dirmi nulla (e certamente è un mio limite) ed è superfluo precisare che dei nomi qui citati non ne conoscevo nemmeno mezzo.
Poi però ho cliccato sui due brani proposti e...porco giuda!
Musica a mio avviso un po' masturbatoria, del genere guardate quanto sono bravo (dico il jazz in genere, non lui) ma comunque...riporco giuda!
Voi che ne capite: il paragone tra Tatum e Petrucciani come si pone?