sabato 17 maggio 2014

KENNY WAYNE SHEPERD – GOIN’ HOME




Goin’ Home è un titolo più che appropriato per il nuovo full lenght di Kenny Wayne Sheperd. In primo luogo, perché il chitarrista è tornato a vivere con la famiglia a Shreveport, città della Lousiana che gli ha dato i natali. E poi, e questo è l’aspetto più saliente, perché finalmente KWS, dopo un album decisamente rock (How I Go del 2011) e la parentesi coi The Rides a fianco di Stephen Stills, è tornato al vecchio amore di sempre, il blues. E che blues! verrebbe da dire ascoltando le undici tracce (quattordici per chi acquista la deluxe edition) di un disco che suona elettrico, sanguigno e sincero come pochi. Kenny, gli appassionati lo sanno bene, si contende con Joe Bonamassa la palma del miglior chitarrista rock blues in circolazione. Ma se Bonamassa, che è sicuramente più tecnico, ha ormai inflazionato la sua immagine con una iper produzione discografica a cadenza quasi bimestrale, Sheperd, i suoi dischi, li prepara con attenzione, prende tempo, si mette in studio solo se ha davvero qualcosa da dire. Insomma, se in Bonamassa c’è più polpa, in Sheperd prevale decisamente il succo. Così Goin’ Home arriva solo a tre anni dall’ultimo album in studio e nasce dal desiderio di omaggiare i grandi del blues, quegli eroi di un tempo antico le cui canzoni, oltre che patrimonio del popolo americano, hanno contribuito alla formazione musicale del trentaseienne chitarrista di Shreveport. In scaletta, davvero, non sembra mancare nessuno : Muddy Waters, Albert King, Freddie King, B.B. King, Willie Dixon, Stevie Ray Vaughn, Bo Diddley and more. Per far le cose veramente bene, Sheperd ha poi invitato in studio un discreto parterre di ospiti,  di quelli peraltro che fanno drizzare immediatamente le antenne a tutti coloro che hanno una conoscenza appena accettabile della scena rock a stelle e strisce: Ringo Starr (unico british man presente), l’ex chitarrista degli Eagles, Joe Walsh, Warren Haynes (Almann Brothers Band e Gov’t Mule), Keb’ Mo’ (di cui abbiamo appena recensito il nuovo album, BluesAmericana), Robert Randolph, Kim Wilson dei Fabulous Thunderbirds, il concittadino Pastor Brady Blade e i fiati scintillanti della Rebirth Brass Band. Ottima anche la scelta delle canzoni, visto che Sheperd è andato a pescare nel repertorio degli autori poc’anzi citati, evitando però scelte scontate (l’unica canzone conosciuta a chi frequenta poco il genere è You Can’t Judge A Book By The Cover di Willie Dixon, rifatta l’anno scorso anche dagli Strypes nel loro disco di esordio), per puntare invece su brani meno noti, ma non per questo qualitativamente meno validi. La band di Sheperd, poi, è un gruppo dai meccanismi oliatissimi, che suona a memoria, con impeto e tecnica sopraffina (alla batteria, per dirne una, c’è Chris Layton, ex componente dei Double Trouble di SRV). Il risultato finale è un disco di blues elettrico che possiede un’energia pazzesca, di quelli insomma che si ascoltano in piedi, pronti a caracollare al ritmo di uno scatenato rockin’blues  (la travolgente House Is Rocking di Stevie Ray Vaughn) o a imbracciare una air guitar per inseguire i frenetici assoli di Kenny Wayne e soci (l’Albert King di Breaking Up Somebody’s Home con Le chitarre di Sheper e Haynes che duettano alla grande, è meglio di un orgasmo). Goin’ Blues in definitiva risulta, a parere di chi scrive, il miglior disco inciso da Sheperd, il quale, quando maneggia la materia che conosce meglio, ci fa dire senza mezzi termini che probabilmente oggi il più grande di tutti è proprio lui (ascoltate l’assolo di You Done Lost Your Good Thing Now e capirete il perché). Travolgente, palpitante, filologicamente corretto, profondamente blues. Musica per vecchi un cazzo.

VOTO: 9






Blackswan, sabato 17/05/2014 

2 commenti:

monty ha detto...

Non ho argomenti razionali per motivare la mia affermazione, ma non ci sono Johnny Lang o Joe Bonamassa che tengano: KWS è il bluesman moderno a cui sono più affezionato.

Blackswan ha detto...

@ Monty: io invece sempre indeciso. Bonamassa è più tecnico e più eclettico, KWS è sanguigno come poi. Ai posteri l'ardua sentenza.