mercoledì 25 giugno 2014

RIVAL SONS - GREAT WESTERN VALKYRIE




Californiani, in circolazione dal 2008, già tre album all'attivo, i Rival Sons sono oggi una delle realtà più interessanti della scena hard rock a stelle e strisce. Una carriera percorsa velocemente, tra apprezzamenti della critica e una miriade di concerti, in giro per il mondo, ad aprire i live acts di gente del calibro di Ac/Dc e Alice Cooper. Poi, il successo commerciale con il bellissimo Head Down del 2012, album pluripremiato dalle riviste specializzate e da un tour interamente sold-out. Un'occhiata alla copertina di questo nuovo Great Western Valkyrie e si capisce fin da subito che Jay Buchanan (cantante e frontman) e soci hanno rivolto la propria attenzione al passato. Basta poi un rapido ascolto dell'album, per avere conferma di quanto si poteva sospettare dalla cover: gli anni '70 imperversano, dalla prima all'ultima nota. Solo che i punti di riferimento, nonostante i nostri siano anericani puro sangue, si trovano tutti in terra d'Albione. Led Zeppelin e Cream, soprattutto. Tanto che l'impressione che suscita l'ascolto dei dieci brani che compongono la scaletta di Great Western Valkyrie è che i Rival Sons, prima di registrare il disco, si siano chiusi in casa per un mese ad ascoltare Wheels Of Fire e Led Zeppelin IV. Continuamente e in loop. Hard rock, rock blues e rock psichedelico sono il piatto del giorno: pietanze dal sapore antico ma cucinate a puntino da un gruppo di ragazzi che sa amalgamare alla perfezione gli ingredienti. Riff grassi e potenti, la voce graffiante e plantiana di Buchanan, ballatoni elettrici da far palpitare i cuori di chi è rimasto immobile nel tempo ai favolosi seventies (da segnalare i sei minuti abbondanti di Where I've Been), e un gusto per la melodia che sa tirare fuori il meglio anche da brani altrimenti indirizzati verso i lidi dell'ovvietà. Electric Man, primo singolo estratto dall'album, è un hard blues adrenalinico che potrebbe tranquillamente uscire da uno degli ultimi dischi di Jack White; Good Luck, Good Things e Rich And The Poor saggiano quei territori più psichedelici che già avevano frequentato, sul finire degli anni '60 Clapton, Baker e Bruce; Secret e Play The Fool (vi ricorda qualcosa Misty Mountain Hop?) sono zeppeliniane al midollo e mentre le ascolti aspetti che da un momento all'altro compaia il fantasma di Bonzo a darti l'eterna benedizione. Dieci canzoni dieci, per una tirata di quasi cinquanta minuti, che si fanno letteralmente divorare e che ci restituiscono il piacere di ascoltare un disco fottutamente rock, inteso nell’accezione più nobile del termine: potente, sanguigno e senza compromessi.

VOTO: 7





Blackswan, mercoledì 25/06/2014

1 commento:

Ezzelino da Romano ha detto...

A me questi qui piacciono un casino.
Ma proprio di brutto.
Strade polverose e palle di rovi che rotolano spinte dal vento.
Grandi.