domenica 3 agosto 2014

SYD ARTHUR – SOUND MIRROR




E’ un po’ come scoprire l’acqua calda, ma molto più redditizio: fare la cresta sulla fortuna altrui, rigenerare anticaglie musicali, riesumare generi ormai desueti, dar loro nuovo forma e riproporle al pubblico (quasi) come fossero novità. Lo hanno fatto di recente, mi vengono in mente un paio di esempi, i The Strypes e i Temples, lo fecero, molto bene almeno all’esordio, i Wolfmother di qualche anno fa. Oggi, tocca ai Syd Arthur (formatesi otto anni fa, ai tempi del liceo, pubblicano ora il loro secondo disco), che tornano a ritroso nel tempo e vanno a ripescare nel passato il Canterbury rock, movimento progressive dai connotati elusivi e assai raffinati, portato in auge negli anni ’70 da gruppi come Caravan, Camel e National Health, solo per citarne alcuni. Un genere complesso e forse il più anacronistico tra le sonorità seventies, che tuttavia i quattro ragazzi originari del Kent (guarda caso arrivano proprio da Canterbury) ripropongono con piglio moderno e qualche variazione sul tema. Tempi sincopati, brani dall’architettura elaborata, qualche deragliamento jazz-rock (Chariots), ma anche tanto pop dall’impronta tipicamente british. Così il risultato finale è un po’ come se i Verve suonassero un disco dei Caravan e viceversa: un progressive estremamente agile ma non annacquato, melodico al punto giusto (le iniziali Garden Of Time e Hometown Blues, ad esempio, sono ricche di spunti quasi radio friendly), curato nelle sfumature, che possiede il merito di tenersi lontano da intenti manieristici e da sterili copia-incolla. Merito di questi quattro ragazzi (Liam Magill, chitarra e voce, il fratello Joel Magill, basso e voce, Raven Bush, violino, tastiere, mandolino, Fred Rother, batteria) che hanno un approccio strumentale deliziosamente cool, che sbrigliano gli strumenti senza però mai eccedere in tecnicismi, rilasciando un suono morbido, rilassato, disteso. Prodotto dalla mitica Harvest, Sound Mirror è un album filologicamente corretto che evita tuttavia ogni passatismo, ponendo i Syd Arthur tra le migliori nuove leve del progressive 2.0. Per nostalgici poco ortodossi.

VOTO: 7,5 





Blackswan, domenica 03/08/2014

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