giovedì 16 ottobre 2014

BEL AMI - GUY DE MAUPASSANT



La prima cosa che viene in mente dopo aver chiuso l’ultima pagina di Bel Amì, è la stretta connessione del romanzo di Maupassant con L’educazione Sentimentale di Flaubert, pubblicato solo una trentina di anni prima (non è un caso che i due romanzieri si stimassero e fossero intimi amici). C’è infatti una evidente somiglianza fra i due protagonisti, Georges Duroy e Frederic Moreau, entrambi spregiudicati arrampicatori sociali, entrambi vittime di un vuoto etico che allibisce. Tuttavia, il personaggio flaubertiano, pur nella sua inconsistenza morale, appare più irrisolto che malvagio, è talvolta attraversato da sussulti di umanità, poi velocemente subordinati ai propri desiderata, e da divampanti, quanto rapide, passioni (politiche, sentimentali, affettive) che si spengono però in un battito di ciglia. A tratti, Moreau, sembra trovare lo scarto necessario per deragliare dai binari immodificabili dei propri progetti d’arrivismo, sembra poter diventare una persona migliore, sembra scuotersi, seppur invano, da quella ragnatela di mediocrità dalla quale è avvolto. Duroy, no (e in tal senso è il perfezionamento letterario di Moreau): tira dritto come un fuso, non ha nessun tipo di remora (se non la paura), è determinato ai limiti della malvagità, veste i panni di un killer sentimentale che non prova alcuna pietà nei confronti delle sue vittime. Se è vero che entrambi vivono le relazioni amorose come mezzo per raggiungere una posizione sociale, Moreau, però, naviga a vista, incerto sulla scelta per lui più proficua, incapace com’è di avere una visione d’insieme, mediocre com’è nelle proprie ambizioni di successo. Duroy, per converso, conosce benissimo la rotta da tenere, e sfrutta la propria capacità di seduzione (sempre replicata e monocorde nello scontato crescendo sentimentale) per scalare, gradino per gradino, la piramide sociale, di cui, fin dalle prime pagine del romanzo, vede ben delineata la cima. Greve nei sentimenti, mellifluo e affettato negli atteggiamenti, vile oltre misura, calcolatore, traditore, arrogante con i deboli e prono al potere, Duroy incarna alla perfezione la figura dell’arrivista senza scrupoli che è così tristemente nota anche ai giorni nostri (quando penso a Duroy e all’Italia, mi viene in mente, non so perché, Renzi). Attuale e modernissimo, Maupassant, con la propria arte, ci racconta il quadro politico e sociale della Parigi di fine ‘800 che, sconvolgente a dirsi, rispecchia in toto ciò che vediamo in prima persona anche oggi: intrighi di potere, manovre speculative, politici arroganti e incompetenti, la stampa al soldo della politica, la macchina del fango come strumento per ridurre al silenzio l’avversario, la finanza che spadroneggia incontrastata su ogni rivolgimento politico e sociale. A dimostrazione che né l’arte né la storia potranno mai, davvero, insegnarci qualcosa. Un romanzo cinico (l’unico personaggio positivo è Laurine, la bambina che per prima chiama Duroy Bel Amì, e che, forse, per prima si accorge di che pasta è fatto l’uomo), spietato, realistico in ogni suo passaggio (anche le scene di sesso risultano – proporzionate alla morale del tempo – estremamente ardite) a cui sottende un’ossessione quasi morbosa per il tema della morte (le venti pagine circa che raccontano l’agonia dell’amico Forrestier sono fisicamente insostenibili anche per i cuori più ruvidi). Ed è probabilmente questo il secondo aspetto rilevante del romanzo: come se Maupassant volesse sottolineare, attraverso la stolida vitalità del suo protagonista, l’inutilità dell’esistenza umana e l’inevitabilità dell’estremo trapasso. La morte come appello alla fallace giustizia umana, la morte come unica, possibile punizione alla malvagità di Duroy.





Blackswan, giovedì 16/10/2014

5 commenti:

La firma cangiante ha detto...

Sembra un altro bel classico da recuperare, non ho mai avuto l'occasione di leggerlo. Ultimamente sono un po' lontano dai classici, faccio un po' di fatica a ritornarci sopra, così a priori. Devo sforzarmi.

Blackswan ha detto...

@ Firma: io sto vivendo un ritorno di fiamma. Il problema è che più li leggo, meno mi viene voglia di leggere i contemporanei: mi sembra non ci sia propria paragone, come prosa e contenuti.
Ad ogni modo, Bel Ami è avvincente come un thriller, si legge in un fiato.

Blackswan ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
cristiana marzocchi ha detto...

Se Bel Ami è avvincente, la recensione che ne hai fatto e super avvincente e invita a leggere il libro al più presto.
Cristiana

Blackswan ha detto...

@ Cris: Grazie :)