martedì 18 novembre 2014

DEVON ALLMAN - RAGGED & DIRTY



Se è vero che spesso le colpe dei padri ricadono sui figli, è altrettanto vero che la stessa cosa succede anche coi meriti. E' pieno il mondo infatti di figli che patiscono la gloria paterna, tanto da esserne in qualche modo sotterrati dal confronto. Succede nella vita di tutti i giorni, succede in ogni ambito artistico e quindi, è inevitabile succeda anche nello spietato mondo del rock. Immaginate ad esempio come dev'essere la vita artistica del povero Devon Allman, che non solo è figlio del grande Gregg, leader indiscusso della Allman Brothers Band e sulla cresta dell'onda ormai da più di quarant'anni, ma annoverava fra i parenti stretti anche il compianto Duane, uno fra i più funambolici chitarristi che la storia ricordi. In una situazione di questo tipo, si ha sempre l'impressione che la propria identità artistica viva di riflesso o all'ombra del passato glorioso del proprio parentado; che qualunque cosa uno faccia, anche se di qualità, alla resa dei conti finirà sempre per essere bollata come l'opera del figlio di..., con buona pace della propria indipendenza creativa. Per non parlare poi delle male lingue, sempre pronte a indicarti come un raccomandato, uno che non sarebbe arrivato da nessuna parte senza una cospicua dose di nepotismo. Devon Allman, a dispetto dell'ingombrante cognome, è invece un musicista che, senza aver disconosciuto le proprie radici, è riuscito a crearsi una ben delineata personalità, e questo Ragged & Dirty, il miglior album della sua discografia, è qui a dimostrarcelo. Non più solo southern rock (Devon annovera anche una militanza con la Royal Southern Brotherhood), ma un suono invece che vira decisamente verso il rock blues. Non è un caso quindi che il disco sia stato registrato a Chicago e che veda nella line up un pugno di musicisti che la materia la mastica quotidianamente: il chitarrista Giles Cray, Felton Crews (bassista di Charlie Musselwhite), Martin Sammon alle tastiere e già con Buddy Guy, e infine il grande batterista e produttore Tom Hambridge (Buddy Guy, Johnny Winter), che firma anche molti brani dell'album. Se l'iniziale Half The Truth è un ruggito chitarristico che si muove per territori ormai consueti, il resto del disco sfoggia invece il composito repertorio di idee di Devon, che travalica gli steccati del dna, e ci regala una prova solidissima in cui blues, rock, funky e soul ribollono nel calderone che il drumming spezzato e obliquo di Hambridge cucina, utilizzando spezie dal sapore vagamente jazzy. Il risultato è un disco variegato, suonato magistralmente (il lungo e cupo blues strumentale di Midnight Lake Michigan è da urlo), e in cui la voce possente di Devon e la sua chitarra, nera come la pece, esprimono la maturità e la forza espressiva di chi non deve più nulla a nessuno. A prescindere dal cognome.

VOTO: 7,5





Blackswan, martedì 18/11/2014

2 commenti:

mr.Hyde ha detto...

Bello! Hai scelto quello giusto.

Blackswan ha detto...

@ Mr Hyde: e questa canzone è veramente fantastica.:)