martedì 17 febbraio 2015

RUGGINE AMERICANA - PHILIPP MEYER




Cosa succede quando il sogno di una nazione arrugginisce accanto agli scheletri delle acciaierie dismesse e alle rovine delle industrie abbandonate? Succede che la sua fine si ripete ogni giorno, nei sogni infranti dei suoi abitanti. Come quelli di Isaac English: vent'anni, timido, insicuro, ha il cervello di un genio, ma il college rimane un miraggio da quando sua madre si è suicidata e lui ha tentato di imitarla. Sarebbe morto se non l'avesse salvato Billy Poe, del quale si può dire tutto tranne che sia sveglio. È grande e grosso, ma, se c'è da menare le mani, sa farsi valere. E quando Isaac decide di scappare in California, si ritrova proprio Billy come compagno di viaggio. È l'inizio di un'imprevedibile catena di eventi che segneranno per sempre le vite dei due ragazzi e di un'intera comunità. 

La fine del sogno americano è un acciaieria dismessa, sono negozi che chiudono, strade deserte, case abbandonate. Si chiama crisi, l'abbiamo conosciuta a nostre spese, l'abbiamo vista negli occhi degli ultimi, vittime sacrificali dei poteri forti e dei loro tornaconti. Così negli States, così in Europa, così in Italia. Ha gioco facile Meyer a raccontarne gli effetti, a sezionare un angolo di America che diventa lente d'ingrandimento per osservare il mondo: il lavoro che non c'è, comunità falcidiate dai tagli orizzontali, una generazione intera, quella cui appartengono i due protagonisti del libro, Poe e Isaac, privata di progettualità e speranza. La ruggine si posa ovunque e si mangia il futuro, la prospettiva. Tuttavia, la visione di Meyer non si limita a sondare lo sfaldamento del tessuto sociale, ma si insinua nell'intimo dei personaggi, ne scandaglia le ragioni, i ragionamenti, le affettività. L'umanità di Meyer è un'umanità immobile, sconfitta dalla vita, rassegnata a una precarietà che non incide solo sulle dinamiche sociali, ma tocca soprattutto le relazioni interpersonali, i sentimenti. Incapaci di prendere una strada, di fare scelte compiute, di abbracciare una qualche rettitudine morale, i protagonisti di Ruggine Americana, vivono in un limbo dal quale non sembra esistere via di fuga. Sarà un fatto di sangue, un'inaspettata esplosione di violenza, a costringere tutti i personaggi del romanzo a mettersi in gioco, a scommettere sul proprio futuro, a fare i conti con le contraddizioni della propria anima. Meyer imbastisce una lunga corale americana dai toni epici, illuminando con la sua prosa asciutta e feroce l'impianto etico di un'umanità messa alle strette e obbligata, finalmente, a scegliere. Si cammina sull'orlo del precipizio, in un confine quanto mai sottile fra bene e male, fra giustizia e violenza, fra luce e tenebra. L'ambiguo finale è aperto a ogni possibile interpretazione e forse qualche lettore ottimista potrà scorgervi un barlume di speranza. Ma è una fugace illusione: la sconfitta è dietro l'angolo, perchè, come cantava Neil Young, la ruggine non dorme mai. Meyer ha scritto due libri e ci ha regalato altrettanti capolavori. Due romanzi talmente coinvolgenti da farci sbilanciare e dire che è uno dei più grandi narratori americani in circolazione.


5 commenti:

Bartolo Federico ha detto...

cavolo sembra uscito da Dustyroad..scherzo lo cerco

Blackswan ha detto...

@ Bartolo: il libro è sicuramente da Dustyroad, come il secondo di Meyer, intitolato Il Figlio. Due libri epici di americana: proprio come piace a noi.:)

Andrea Consonni ha detto...

"Ruggine americana" è un romanzo straordinario mentre "Il figlio" l'ho trovato più
legnoso e statico.

Blackswan ha detto...

@ Andrea: Anche per me, Ruggine Americana è leggermente superiore. Tuttavia,Il Figlio possiede alcuni spunti davvero notevoli, soprattutto nella parte dedicata a Peter, che incarna uno sguardo critico e disilluso sulle logiche del potere e sulla Storia americana. Resto concinto: due grandi libri :)

Blackswan ha detto...

convinto.