venerdì 24 aprile 2015

CALEXICO - EDGE OF THE SUN


Se Edge Of The Sun fosse l'esordio di una giovane band che si affaccia per la prima volta sulle scene, sottolineeremmo immediatamente due cose: che si tratta di un disco suonato in grazia di Dio e che tra le diciotto canzoni in scaletta risaltano alcune piccole gemme così interessanti da far presagire un radioso futuro. Diremmo probabilmente che ci sarebbero ancora buoni margini di miglioramento, ma che i giovani di cui sopra avrebbero già evidenziato grande talento e doti musicali di sicura suggestione. I Calexico, invece, non sono certo un gruppo di sbarbati, anzi sono arrivati al loro nono disco in studio e hanno all'attivo, parlo di Joey Burns e John Convertino, una militanza remota anche nelle fila dei Giant Sand insieme a Howe Gelb (mica piazza e fichi, insomma). Un cotanto passato, ne converrete, impone inevitabilmente il confronto con tutto quello che già c'è stato e che già abbiamo ascoltato. Chi è da sempre un fan della band, chi fin dalla prima ora si è innamorato di questa musica nata al confine fra Stati Uniti e Messico e nutrita per anni con cinema western, sonorità mariachi, rock, alt country, tequila e deserto, si sarà accorto che qualcosa è cambiato. Non voglio dire necessariamente in peggio (dipende dai punti di vista e immagino che molti apprezzeranno questo processo di normalizzazione), ma è indubbio che oggi la band originaria di Tucson sia qualcosa di diverso da quella che, nel 1998, ascoltavamo fra i solchi di The Black Light. I Calexico, infatti, sono diventati una band mainstream a tutti gli effetti, capace di sfornare deliziose gemme pop che, come già avvenne per il precedente Algiers (2012), si infilano con sempre più insistenza nei palinsesti radiofonici. Prendete Falling From The Sky, la canzone che apre il disco: personalmente, faccio davvero fatica a ricondurla alla scrittura di Burns & Convertino, eppure è così morbida e melodica (tastierine incluse) da rapirci in numerosi ascolti. E non è certo l'unico episodio "very catchy" di un disco che apparentemente mantiene immutata l'estetica Calexico (il Messico, luogo in cui l'album è stato prevalentemente concepito, è una presenza costante), ma che in realtà punta con decisione ad aperture sempre più convenzionali. Mancano i fantasmi, manca il respiro mozzato dalla polvere, manca il sudore del vagabondaggio, e lo sguardo, se mi si passa la similitudine, non è più quello curioso del viaggiatore, ma è lo sguardo semmai del turista, che sogna vacanze esotiche rimirando una cartolina. Resta, tuttavia, in sottofondo quella sfumata malinconia che è da sempre segno distintivo delle canzoni dei Calexico, ma per converso è evidente che Edge Of The Sun rappresenti il passaggio (definitivo?) dalla produzione artigianale a quella industriale. Per il momento il prodotto è ancora di qualità, ma si sa quali sono i rischi che si corrono con la grande distribuzione.

VOTO: 6,5





Blackswan, venerdì 24/04/2015

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