giovedì 18 giugno 2015

MIKAL CRONIN - MCIII



Al netto di una delle copertine più brutte dell'anno e di un titolo da fantasia ad alzo zero, il nuovo album in studio di Mikal Cronin è un buon disco. Cresciuto alle spalle del mentore Ty Segall, per il quale ha suonato il basso e dal quale ha tratto, almeno inizialmente, più di un'idea, il trentenne songwriter americano giunge al suo terzo album completando la personale parabola creativa, inziata nel 2011 con l'omonimo album d'esordio. MCIII affronta, dunque, in modo compiuto i temi già sviluppati nel suo predecessore (MCII del 2013): accantonare il garage rock, allentare la presa dei fuzz e dedicarsi anima e corpo al verbo dell'indie pop. Il tutto, senza però rinnegare la propensione per i ritmi alti e le esplosioni di colore, contravvenendo all'assunto che per affondare il coltello nella malinconia occorra assumere pose da bel tenebroso o da tormentato in fin di vita. La bellezza di MCIII risiede proprio nella capacità di Cronin di creare suggestioni e intimismo anche laddove, invece di immergersi in crepuscolari brume autunnali, si preferisce giocare col sole e con gli umori cangianti della primavera. In qualche modo, a prescindere da ogni differenza stilistica, Cronin fa sua la lezione di Elliott Smith, che (mi viene in mente Figure 8) riusciva a nascondere nel pop momenti di profonda inquietudine. MCIII è dunque un disco che suona apparentemente allegro e disimpegnato, eppure riesce comunque a indurci ad ascolti di gran coinvolgimento emotivo. Talvolta, Cronin eccede negli arrangiamenti creando un'eccessiva sovraesposizione "orchestrale", ma riesce comunque a tenere il filo del discorso fino alla fine e con assoluta credibilità. Gli si potrà quindi contestare una minore immediatezza rispetto ai due album passati e una certa grandeur nei suoni e nella struttura dell'album (la seconda parte del disco è una sorta di mini concept che guarda agli anni '70), ma non certo un'ispirazione sottotono, visto che MCIII abbonda di gioiellini pop da ascolto compulsivo (Made My Mind Up su tutte). Non certo un'opera che cambiera il corso del 2015, ma un disco che conferma le qualità di un autore che sembra aver definitivamente trovato la propria identità. Radio frendly, ma con intelligenza.

VOTO: 7





Blackswan, giovedì 18/06/2015


1 commento:

Silvano Bottaro ha detto...

Condividendo la tua recensione, questo disco comunque è tra i miei primi tre (finora) del 2015.