mercoledì 16 settembre 2015

AMY – THE GIRL BEHIND THE NAME



Questa è la storia di un’artista che con il suo sconfinato talento ha saputo indirizzare e ispirare parte della musica pop degli ultimi dieci anni. Ed è anche la storia di una voce impossibile, in grado di estendersi per più di tre ottave e di vivere e plasmare nel profondo ogni nota cantata. Perché, come afferma il grande Tony Bennet nel finale di pellicola, Amy è stata una musicista vera, sincera fino al midollo, destinata a finire nel novero di quelle interpreti, come Sarah Vaughan e Ella Fitzgerrald, che hanno saputo dare lustro alla musica (jazz). Ma Amy è anche la storia di una ragazza piccola, fragile, privata di punti di riferimento essenziali e quindi in balia di mille dipendenze, cercate con pertinacia nelle droghe, nell’alcol, nel masochismo di una bulimia cronica e, soprattutto, nell’affetto mal riposto verso una madre assente, un padre e un marito mossi esclusivamente dalla brama di ricchezze, e amici sinceri, ma troppo deboli per strapparla dal gorgo che, giorno dopo giorno, la risucchiava. Eppure Amy, prigioniera di un amore tossico, autodistruttivo e senza speranza, sapeva trarre dal dolore e dalla disperazione la parte migliore di sé,  scrivendo con crudo trasporto canzoni che, nonostante il poco tempo trascorso dalla sua morte, sono già diventate leggenda. Se è vero che il film si sviluppa in modo coerente, documentato e partecipe, ma restando nella media dei tanti biopic in circolazione, Asif Kapadia ha però il merito di evitare il tratto calligrafico e di sconfinare così nell’agiografia, mettendo semmai a nudo, ma senza morbosa ostentazione, le debolezze morali e il deperimento fisico di una ragazza finita, suo malgrado, in un esiziale frullatore mediatico. Attraverso materiale già noto e altro, invece, inedito e di provenienza amicale, Kapadia traccia la parabola discendente di un’icona della musica e del sesso, senza dimenticarsi che, dietro la facciata trasgressiva, batteva il cuore della vera Amy Winehouse: una ragazza gentile, semplice e ironica, con l’unico, irrefrenabile, desiderio di scrivere canzoni e di poter cantare la propria musica, lontana dal martirio dei flash. Guardare Amy giovane, brufolosa e sorridente, o spensierata e inconsapevole durante le vacanze estive, o ancora sentirla cantare mentre si accompagna con la chitarra al suo primo provino,  sono emozioni che  valgono la spesa del biglietto e che commuoveranno alle lacrime non solo i fans della singer londinese, ma anche tutti coloro che amano la buona musica, quella che nasce dal cuore. Grazie di tutto, piccola, fragile, immensa Amy.





Blackswan, mercoledì 16/09/2015

1 commento:

cristiana marzocchi ha detto...

Quanta emozione mi ha donato questo tuo post.
Non sono un'esperta, io vado ad orecchio, e Ami mi è entrata dentro.
Cristiana