giovedì 15 ottobre 2015

THE DEAD WEATHER - DODGE AND BURN



Al netto di una sovraesposizione mediatica talvolta inutilmente eccessiva, provo una gran stima per Jack White. Il quale, nel corso degli anni, non solo ha dimostrato un eclettismo fuori dal comune, ma ha dimostrato di avere anche solide basi musicali, frutto di una filologia non certo di facciata. Non è un caso che il suo merito maggiore sia stato quello di aver avvicinato i giovani al blues, un genere ingiustamente trascurato dai teenagers, e da lui riletto con urgenza garage e con una modernità mai banale. Senza nulla togliere alla grandezza dei White Stripes, e senza dimenticare la successiva carriera solista e il progetto The Raconteurs, ho sempre trovato particolarmente intigranti i dischi a firma Dead Weather. Sarà il graffio sulla pelle che lascia la voce di Alison Moshart, o forse sarà quel brivido di entusiasta depravazione che percorre tante loro canzoni, ma Dodge And Burn era un disco che aspettavo con ansia ormai da cinque anni, e precisamente dal 2010, data di pubblicazione dell'ottimo Sea Of Cowards. Uscito per la Third Man Records, etichetta facente capo allo stesso Jack White, Dodge And Burn continua il percorso della band attraverso i riff taglienti di uno psych heavy blues incentrato sulla forza delle chitarre, qui in costante primo piano per tutta la durata del disco. La sei corde però è nelle mani, oltre che della stessa Moshart, soprattutto di Dean Fertita, polistrumentista in quota stoner, che vive alla corte, alternativamente, sia di Josh Home (Queens Of Stone Age, Eagles Of Death metal) che di Jack White. Il quale, nello specifico dei Dead Weather, siede dietro ai tamburi, con una baldanza e spensieratezza che pervadono ogni singolo brano di un'inaspettata euforia (batteria e chitarra in primo piano: vi viene in mente qualcosa?). Heavy blues, dicevamo, condito di psichedelia, con un'aggiunta di stoner, un vago sentore zappeliniano e uno slancio maledettamente garage. La formula, in buona sostanza, è sempre la medesima, ma tiene con intensità per tutta la durata di un disco concepito per volumi alti e propensione al casino usque ad finem. Con l'unica eccezione, strana ma vera, di Impossible Winner, ballata finale per archi e pianoforte (e batteria), che la Moshart interpreta col piglio di una Amy Winehouse sedotta da suggestioni rock. Dodge And Burn è, in definitiva, la conferma della (apparentemente inesauribile) vena creativa di Jack White, sempre bravo a vestire panni diversi a seconda degli umori della propria ispirazione, ma capace di salire in cattedra soprattutto quando dispiega senza mediazioni il suo lato più rumoroso e selvaggio.

VOTO: 7,5





Blackswan, giovedì 15/10/2015

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