giovedì 10 dicembre 2015

KING 810 - MEMOIRS OF A MURDERED



Flint, cittadina del Michigan di poco più di centomila anime, è un posto di merda. Basta fare un rapido giro nel web per rendersi conto che da queste parti il numero annuale di morti ammazzati, fa impallidire la trama di uno qualsiasi dei film di Bruce Willis, e regge molto bene il confronto con il clima salubre che si respira a Ciudad Juarez, vedete voi quale paragone ritenete più acconcio. La chiamano Murder Town non a caso, e da qui arrivano i King 810, band nu metal, a cui il 2015 ha portato un inaspettato successo. Il battage pubblicitario della casa discografica, la mitica e controversa Roadrunner, e il proliferare delle storie che, anche in questo caso, potete trovare senza fatica in rete, ha prodotto nei confronti della band capitanata dal cantante David Gunn un'attenzione mediatica davvero notevole, soprattutto se si tiene conto che stiamo parlando di un gruppo con solo due Eps e un album, questo Memoirs Of A Murderer, all'attivo. I motivi di tanta attenzione risiedono nella storia di Gunn, cresciuto tra gang, pistole e coltelli, e ridotto in fin di vita, qualche anno fa, nel corso di una rapina; ma anche nell'esito spesso funesto dei concerti tenuti dai King 810, divenuti luoghi di culto per gli amanti delle risse e del delirio a prescindere. Qualcuno obbietta che la loro storia sia una montatura creata ad arte; altri, invece, sono pronti a giurare che sia tutto vero, e che Gunn e soci riflettano nel modo più sincero possibile il mondo in cui sono cresciuti. Probabilmente, come spesso accade, qualcosa di vero c’è, e questa parte di verità è stata gonfiata a bella posta, consentendo così al combo statunitense di raggiungere l'auspicata visibilità. Fatta la premessa, corre tuttavia l'obbligo di entrare nel merito dell'ascolto, che, al netto di tutte le suggestioni poco sopra riportate, lascia alquanto interdetti. Questa musica, con qualche tocco di modernità in più, è vecchia di vent'anni: un tempo si chiamava nu metal, e annoverava fra i suoi alfieri gruppi del calibro degli Slipknot e dei Korn (i primi Korn, ovviamente). Non è, però, questo il vero problema. Mi pare, invece, che a parte l'altisonante battage pubblicitario, la proposta della band risulti alquanto artefatta. Nel tentativo di creare un suono diversificato, che si discosti dagli ovvi modelli di genere, i King 810 perdono infatti un pò il bandolo della matassa, risultando molto meno sinceri di quanto ci si sarebbe aspettati da chi, vista la premessa, dovrebbe essere tutto rabbia e furore. Alcuni skit inseriti (Anatomy 1:2, Anatomy 1:3), infatti, sembrano messi lì per allungare il brodo da gangsta band; le aperture melodiche, in bilico fra acustico (Take It) ed elettronica (Eyes), invece di sparigliare le carte in tavola, appesantiscono l'ascolto e, a parte la buona Devil Don't Cry, non brillano certo per creatività. Il resto, cioè la parte consistente della proposta, è nu metal costruito su riffoni pesantissimi, voce in screaming e batteria pestata usque ad finem, capace talvolta di ottimi risultati (War Outside), e più spesso solo di un dignitoso minimo sindacale (Killem All). Memoirs Of A Murderer, in definitiva, non è un disco brutto e forse nemmeno totalmente inutile, ma, più semplicemente, patisce le aspettative eccessive che si sono create intorno al nome della band. Una band che, ho l'impressione, potrebbe produrre cose migliori, asciugando il suono e liberandosi dalle pose di cattivi a tutti i costi. Un pò di rabbia sincera, insomma: ecco cosa manca ai King 810.

VOTO: 6





Blackswan, giovedì 10/12/2015

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