giovedì 26 maggio 2016

SHOOTER JENNINGS - COUNTACH...(For Giorgio)



Se dovessi scegliere ora il disco più brutto di questo 2016, sceglierei senza un minimo di esitazione il nuovo album di Shooter Jennings. Che fa letteralmente cacare a partire dalla copertina, che è uno degli artwork più tazzorri e kitsch visti nell'ultimo decennio. Il contenuto, però, vi assicuro, è pure peggio, soprattutto se rapportato alla caratura dell'artista di cui stiamo parlando. Shooter Jennings, per coloro che non fossero ferrati in materia, infatti, non solo è il figlio di un'icona della musica americana come Waylon Jennings, ma, seguendo le orme di cotanto padre, si cimenta da circa un decennio con la specialità della casa, quell'outlaw country, cioè, che rese leggendario il padre e che ora sta dando ottimi riscontri di vendite e di critica anche al trentasettenne figlio. Inopinatamente, Shooter torna, però, sulle scene con un disco che non ha nulla a che vedere con il suo passato artistico e con la storia della sua famiglia (la mamma è Jessi Colter, altra istituzione del country). Countach è, infatti, una raccolta di canzoni (alcune cover e altre originali) composte o ispirate dal produttore italiano Giorgio Moroder. Un disco, dunque, in cui le sonorità roots sono relegate a qualche sparuta partitura di violino, nei cinquanta secondi dell'iniziale Loading e nel discreto rock sudista di Born To Die (dove è possibile ascoltare per l'ultima volta la voce di Steve Young, deceduto a marzo di quest'anno). Il resto è un omaggio, si fa per dire, al grande Giorgio Moroder, composto da un'improbabile accozzaglia di dance elettronica anni '70 e '80. Cosa sia passato nella mente di Shooter o quanto peyote si sia strinato, non è dato sapere. Di sicuro siamo di fronte a una scelta animata dal coraggio della trasgressione e motivata da un desiderio di provocazione, un po’ come aprire un chioschetto di panini alla salamella fuori dalla direzione nazionale dell'ortodossia vegana. Apprezzo il coraggio e apprezzo la provocazione: il problema è semmai la scelta delle canzoni, quantomeno discutibile, e quella sensazione pervasiva di inadeguatezza che Shooter trasmette all'ascoltatore, per tutta la durata del disco. Il giovane Jennings, infatti, sta all'elettronica come Stevie Wonder alla microchirurgia di precisione (la title track, la cover di From Here To Eternity di Moroder) e sceglie pure di coverizzare (male) un paio di canzoni per loro stessa natura inascoltabili: Love Kills, tratta dalla colonna sonora di Metropolis, a firma congiunta Freddy Mercury - Moroder, e l'imbarazzante, sia la cover che l'originale, The Neverending Stories, orripilante archeologia anni '80, scritta da Moroder per l'inavvicinabile ex Kajagoogoo, Limahl. Si salva dal disastro solo la conclusiva Cat People, tratta dalla colonna sonora dell'omonimo film, e cantata per quell'occasione da David Bowie, che la fece poi confluire in Let's Dance: un pezzo dalle atmosfere gotiche, a cui la presenza di Marilyn Manson, che almeno il suo lo sa fare, riesce a dare un briciolo di credibilità. Ecco, parlare bene di Marilyn Manson, per trovare qualcosa di decente in questo disco, è come parlare di una donna brutta, elogiandone l'acconciatura. Apprezzate, allora, lo sforzo: avrei potuto gettare il cd dal finestrino dell'auto, destinandolo alla sorte che si merita, e invece l'ho recensito. In sottofondo, il rumore costante di Waylon, che si rigira nella tomba.

VOTO: 4 





Blackswan, giovedì 26/05/2016

3 commenti:

Granduca di Moletania ha detto...

Per esperienza personale ti posso assicurare che Stevie Wonder è pilota di linea; nell'unico viaggio aereo che ho avuto il coraggio di intraprendere, mi sono ritrovato lui e Denzel Washington ai comandi.

Detto ciò, ti volevo esprimere tutta la mia ammirazione per aver avuto il coraggio di dire che il disco fa cacare. Bravo; di solito si fa tutto un giro di parole per evitare.

Giorgio Moroder, che ha ispirato questo capolavoro, ha a sua volta apprezzato la tua chiarezza di espressione e mi ha chiesto di dirti che nei prossimi giorni ti brucerà la bici (quella a cui tieni tanto, che ti hanno regalato per natale).

Un abbraccio.

Ezzelino da Romano ha detto...

Se il resto è come la copertina, è sicuro che fa cagare a spruzzo.
La copertina mi ricorda quelle vecchie Fiat Uno Turbo elaborate dai malavitosi.
Però però, Black, un po' più di riverenza per il Reverendo, che diamine!
Ha nobilitato con la sua arte questo discaccio e tu me lo paragoni all'acconciatura di una bruttona?
Sei veramente un senza dio.

Blackswan ha detto...

@ Granduca: cazzo, la bici, no! Comunque, se vuoi, posso spedirti via wetransfer una copia del disco: da ascoltare rigorosamente nel prossimo viaggio aereo con Stevie Wonder ai comandi :)

@ Ezzelino: dovresti preoccuparti la prossima volta che recensirò un disco del reverendo, cercando di salvarlo paragonandolo a questo :) E comunque, si, sono senza Dio :)