lunedì 6 giugno 2016

BONNIE BISHOP - AIN'T WHO I WAS



Purtroppo tocca ripeterci, ma è praticamente inevitabile quando di mezzo c'è la produzione di Dave Cobb. Il Re Mida del suono Americana non sbaglia un colpo e oggi è probabilmente il produttore più richiesto sul mercato, avendo in pochi anni messo mano a un filotto di dischi favolosi. Ha portato sulla cresta dell'onda Sturgill Simpson e Chris Stapleton, ha trasformato i Rival Sons in una band di prima grandezza, e ha rivitalizzato le carriere di Jason Isbell e, da ultimo, di Mary Chapin Carpenter. Adesso ci riprova con Bonnie Bishop, nome di spicco del panorama country texano e vincitrice di un Grammy Award nel 2013 per la canzone Not Cause I Wanted You, portata al successo da Bonnie Raitt. La Bishop, a seguito di gravi problemi di depressione e di continui attacchi di panico, che le pregiudicavano la possibilità di suonare in pubblico, dopo aver pubblicato Free (full lenght risalente al 2012), aveva lasciato Nashville, era tornata in Texas e aveva mollato lo star system. Salvo, poi, ripensarci, convinta proprio da Dave Cobb che, ritrovatosi per le mani alcuni demos della songwriter di Houston, non solo è riuscito a farla tornare in sella, ma l'ha convinta anche a dare una connotazione maggiormente soul alle sue canzoni. Il risultato della collaborazione è questo splendido Ain't Who I Was, sesto album in carriera, definito dalla stessa Bishop una sorta di rinascita, artistica ma non solo. Cobb ha fatto davvero un mezzo miracolo, restituendo agli ascoltatori un'artista che, nonostante le difficoltà passate, vive oggi una seconda giovinezza ed é pronta per il grande salto. Non c'è una virgola, in Ain't Who I Was, infatti, che suoni fuori posto, a partire da una scrittura ispirata e sincera, in grado di donarci emozioni dalla prima all'ultima delle dieci canzoni in scaletta. Cobb, da parte sua, ci mette un grandissimo lavoro di produzione, esaltando la grande anima soul del disco e delineando un suono caldo, avvolgente e decisamente vintage, che, grazie al cesello del missaggio, si coglie in tutte le sue sfumature. Ascoltare la voce della Bishop, una via di mezzo fra Susan Tedeschi e Bonnie Raitt, è come passare una mano sul velluto; il resto ce lo mettono un gruppo di sessionisti nashvilliani da paura, a partire dall'irsuto Leroy Powell alla chitarra elettrica e da Jimmy Wallace al pianoforte, Hammond e Mellotron. Basta ascoltare l'iniziale Mercy, un gospel tinteggiato di swamp rock, per capire il livello di queste composizioni: c'è passione, vulnerabilità, calore, un'anima che trabocca soul, una band in stato di grazia. Ed è solo l'inizio: impossibile non essere rapiti dai ritornelli irresistibili di Be With You (geniale il tappeto di Mellotron sottostante), di Broken e di Looking For You, dal midtempo in stile Motown anni '70 di Too Late, dall'arrembante spiritual della tradizionale Done Died e dalla rivisitazione soul blues della (già citata) Not Cause I Wanted You, forse anche migliore della celebrata versione di Bonnie Raitt. Insomma, alcune delle più belle canzoni di americana di questo 2016 le trovate in Ain't Who I Was, grande ritorno per Bonnie Bishop, ennesimo centro colpito da quel geniaccio di Dave Cobb.

VOTO: 8





Blackswan, lunedì 06/06/2016

Nessun commento: