lunedì 20 giugno 2016

IL MEGLIO DEL PEGGIO




Riceviamo dalla nostra freelance Cleopatra e integralmente pubblichiamo

La comunicazione politica è cambiata. Nell'ultimo ventennio si manifesta attraverso il linguaggio e i simboli della pubblicità. Berlusconi con il memorabile "contratto con gli italiani" ne è la prova più evidente. Sono passati più di vent'anni da quando Silvio da Arcore scese in campo per bere "l'amaro calice" e da allora, via via, si è consolidato il concetto che il leader di un partito assurga a un'icona pubblicitaria in grado di proiettare un'immagine, uno slogan che faccia presa sui più.
I politici di oggi sono degli autentici animali da palcoscenico, star del piccolo schermo e soprattutto dei social network. Dici mediatico e per associazione di idee pensi subito al premier Renzi. Sulle orme di papà Silvietto, l'alunno Matteo ha decisamente superato il maestro. E, aggiungo, a pieni voti. Ma non è il solo. Mediaticamente parlando, personaggi come Salvini sono nati e cresciuti a pane e slogan ( vi ricordate le felpe? ). Pensando alla campagna elettorale per le amministrative che si è appena conclusa, alla solita autoreferenzialità di questo o di quel candidato e alla trita pantomima anti tasse o pro olimpiadi, si è aggiunto l'intento di volere stupire a tutti i costi. L'imperativo categorico è offrire un'immagine di sè che buchi il video con effetti speciali. 
Al pubblico non interessa più solo sapere se il politico tal dei tali sia in possesso delle credenziali adeguate per ricoprire il ruolo per cui si è candidato. Conta la narrazione e come la vendi. Il programma politico viene da sè. Nell'era di Facebook e di Twitter, si ricorre a stratagemmi di ogni tipo pur di catalizzare consensi. Al mercato, distribuendo volantini come Matteo Orfini o anche telefonando, se è necessario. Un noto spot diceva che una telefonata allunga la vita. Facendo tesoro dello slogan di Telecom, la Fatina Boschi in piena sintonia con le regole del mercato, per scacciare l'incubo Virginia Raggi, si attacca alla cornetta per sostenere il candidato sindaco a Roma, Roberto Giachetti."Ciao, sono Maria Elena", cinguetta con voce flautata agli elettori romani per convincerli a votare al ballottaggio. A Napoli la volata finale per i ballottaggi si è svolta tra balli e canti. Uno scatenato Luigi De Magistris, da vero performer, salta e balla con Clementino sul palco con una grinta da fare invidia a Mick Jagger nel Counting Tour per i 50 anni di carriera. E tra una festa e l'altra, ti imbatti in una Milano non più da bere dove il candidato sindaco Stefano Parisi, facendo il verso a Umberto Smaila e alle sue notti smeralde, si scatena in discoteca ballando sulle note dei Wham! e facendo trenini. Come un Tony Manero de noantri. Provo indignazione di fronte a tanta sfrontatezza, mentre c'è gente che pare entusiasmarsi. Se buona parte degli italiani si lascia ancora sedurre dai venditori di fumo, significa che il fascino della mediocrità continuerà a mietere consensi.

P.S. I ballottaggi hanno evidenziato una crepa nella narrazione renziana. Forse per Matteone il tempo delle mele è finito.

Cleopatra, lunedì 20/06/2016


3 commenti:

Ezzelino da Romano ha detto...

Ma poi quali sono le credenziali per ricoprire un ruolo politico?

Blackswan ha detto...

@ Ezzelino: la fedina penale sporca. :)

Ezzelino da Romano ha detto...

Cazzo è vero, come ho fatto a non arrivarci?