mercoledì 13 luglio 2016

STEVE HILL - SOLO RECORDINGS VOL. 3



Un uomo solo al comando. Basta un rapido sguardo alla copertina del disco, per rendersi conto che Steve Hill è quello che generalmente chiamiamo un one man band. Solo che il songwriter canadese lo è a tutti gli effetti: non solo suona quattro strumenti, chitarra, armonica, batteria e basso, e canta, con voce ruvida e graffiante, ma fa tutto in contemporanea. Roba che, per un comune mortale, ci sarebbe da perdere la testa. Invece, Steve va via come un treno, dimostrando ottime doti di chitarrista, gran senso per il ritmo e un timbro di voce di quelli difficili da dimenticare. Insomma, per farvi un'idea, possiamo dire di essere di fronte a una versione onanista dei Black Keys (prima maniera) o dei Royal Blood (ma con accenti meno hard). Giunto al nono full lenght, il terzo della serie Solo Recordings, Hill imbastisce una scaletta di tutto rispetto che, se di primo acchito potrebbe sembrare un filo monocorde, soprattutto nelle canzoni ad alto tasso di elettricità, risulta, invece, dopo qualche ascolto, assai varia, grazie all'alternarsi equilibrato tra brani acustici e altri più ruvidi, e a una scrittura che, soprattutto nelle ballate, riesce a essere estremamente ficcante. 




Vol. 3 si presenta, comunque, come un disco primitivo, senza troppi fronzoli, suonato con energia e semplicità, caratterizzato da canzoni arcigne, che stanno in bilico fra rock e blues (in alcuni casi, molto vicino alle radici) e da altre decisamente più rilassate e sognanti, che guardano al folk e al country. Si inizia con tanta grinta, passando dal boogie frenetico di Damned, all'hard rock blues di Dangerous, fino al tributo a Muddy Waters con l'ottima rilettura in medley di Still A Fool And A Rolling Stone; e si prosegue con il folk molto british (echi di Jethro Tull) di Slowly Sleeping Again, uno dei brani migliori del disco, che fa scemare la tensione in un piacevolissimo quadretto agreste. Poi, si alternano altri momenti graffianti, come Rhythm All Over, caratterizzata da una suntuosa chitarra slide, ballate folk (Trouble Times), divertiti country rock (Emily) e riff assassini a profusione (il poderoso finale di Walking Grave). Il tutto per cinquanta minuti di ottima musica, in cui Hill, nonostante l'approccio scarno e sanguigno, mette in evidenza anche notevoli virtuosismi tecnici e una fenomenale coordinazione fisica.

VOTO: 7





Blackswan, mercoledì 13/07/2016

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