giovedì 27 ottobre 2016

THE MARCUS KING BAND – THE MARCUS KING BAND



Che Marcus King sia un fuoriclasse assoluto non v’è alcun dubbio, e basta anche un rapido ascolto di questo disco, per renderci conto che siamo di fronte alla più interessante novità di un panorama, come quello del rock blues, spesso troppo legato a prevedibili clichè. Il primo ad accorgersi di quanto fosse bravo Marcus è stato Warren Haynes, che dopo averlo ascoltato suonare dal vivo, ne è rimasto folgorato, l’ha messo sotto contratto per la sua etichetta, la Evil Teen Records, e ha prodotto il suo primo disco, Soul Insight, che nel 2015 si è piazzato nella top ten di Billboard Blues. Niente male per uno sbarbato che ha da poco compiuto vent’anni, ma che è già in possesso di una maturità compositiva da musicista navigatissimo. Il suo retroterra è tutto merito del padre, il bluesman Marvin King, che lo ha svezzato con una discografia di grandi classici blues e lo ha voluto con lui sul palco, ancora minorenne, a farsi le ossa nei circuiti del South Carolina. La natura ha fatto il resto: una voce possente e graffiante da soulman di colore e un talento chitarristico che, pur essendosi formato all’ombra di miti come Duane Allman e lo stesso Haynes, ha acquisito ormai uno stile personalissimo. Un fuoriclasse, dicevamo, uno destinato a fare grandi cose e già pronto per essere annoverato fra i migliori interpreti del genere. Il suo secondo disco, che potremmo definire della consacrazione, è un’opera però straordinariamente eclettica, vivace e ricca di spunti creativi, tanto che inserire questo sophomore sotto l’etichetta di southern rock o rock blues si farebbe un torto a Marcus King e alla sua musica libera da convenzioni. Gli afrori sudisti ci sono tutti, così come anche la passione per il Memphis soul e la musica del diavolo; eppure King spiazza l’ascoltatore con un linguaggio multiforme, che pronuncia il verbo sudista con accenti jazz, funky e pop. 




La lezione del grande Duane Allman è stata mandata a memoria e quello che in altre mani poteva essere un solido disco di rock blues, nelle mani di King diviene un affresco cangiante, in cui la chitarra, svincolata dal dogma southern “riff graffiante e assolo interminabile”, preferisce esprimersi attraverso moduli jazzistici (qualcuno ha detto In Memory Of Elisabeth Reed?). Il disco spiazza fin dalle prime battute: jazz, soul e blues vestono di fiati la brillante Ain’t Nothing Wrong With That, un brano che travolge per il suo contagioso entusiasmo e svela di che pasta è fatta la chitarra di King, straordinario nel cesellare un assolo tanto icastico quanto scintillante. Self Hautred, con l’ospitata di Dereck Trucks, imbocca la strada della psichedelia e per cinque minuti e mezzo la sensazione è quella di ascoltare i Beatles di Taxman suonati da una Allman Brothers Band in trip lisergico. Rita Is Gone è un ballatone soul strappa mutande, con la voce miele e liquerizia di Marcus che ci massaggia l’anima, omaggiando il grande Otis Redding, mentre in Thespian Espionage si tenta un azzardo fusion, peraltro perfettamente riuscito, in cui fluato e chitarra elettrica si passano il testimone dell’assolo e la batteria di uno straordinario Stephen Campbell gioca con i controtempi. Insomma, si tratta di grandi pezzi che si smarcano dall’ovvio e cercano, con ottimi risultati, altre modalità di espressione. Eppure, anche in quei brani in cui King resta più legato a formule convenzionali, riesce a inserire qualcosa di prezioso per l’ascoltatore. Virginia, ad esempio, è un robusto brano southern attraversato dalle chitarre di King e Haynes (qui anche in veste di ospite), che dardeggiano assoli senza però essere mai invasive; e quando parte Radio Soldier, canzone dalla solida struttura rock blues, si resta a bocca aperta per l’incredibile riff arpeggiato che apre il brano e per l’assolo centrale di chitarra, che suona, fin dal primo ascolto, come un istant classic. Al secondo capitolo della sua discografia King ha fatto decisamente centro, rilasciando uno dei dischi più versatili, divertenti e ben suonati dell’anno. Pertanto, se amate gruppi come i Gov’t Mule e la Tedeschi Trucks Band, per citare un paio di nomi, non lasciatevi sfuggire questo disco: il ragazzino è un genietto e il futuro del genere è saldamente nelle sue mani.

VOTO: 9





Blackswan, giovedì 27/10/2016

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