lunedì 14 novembre 2016

IL MEGLIO DEL PEGGIO




Riceviamo dalla nostra freelance Cleopatra e integralmente pubblichiamo.
 
Gli Stati Uniti d'America hanno il volto di "The Donald". La pietra scartata è dunque diventata testata d'angolo.
Con buona pace della quasi totalità dell'informazione americana, di sondaggisti, sociologi, premi Nobel, cancellerie europee, artisti e non, il Paperon de' Paperoni ha fatto cappotto. E pure di larga misura sulla rivale Hillary. C'è da sorprendersi dell'hurricane Donald? Non tanto, a giudicare dal malessere sociale che lambisce il mondo in ogni latitudine e longitudine. Del resto, già Michael Moore lo aveva profetizzato. Donald, a dispetto dei suoi miliardi, dei suoi eccessi, delle accuse di sessismo, razzismo e di evasione fiscale, ha nettamente sovvertito ogni pronostico. Non è la fine del mondo, certo, ma poco ci manca. Una riflessione però va fatta. Non è tanto l'inversione di rotta degli americani ad averci spiazzato, quanto l'aver preso atto del venir meno del dialogo tra cittadini e politica. O meglio, tra i cittadini e un certo modo di fare politica, quella fatta di mediazioni, trasformismi, equilibrismi e ipocrisie.
Si chiami Donald Trump o Mario Rossi, poco importa. La gente si lascia sedurre dal linguaggio rude, privo di filtri. Si preferisce l'affabulatore, l'istrione, l'uomo del "think big" o del "think positive". Non dimentichiamo che in Italia siamo stati i precursori nella scelta del venditore porta a porta, prima con l'ex Cavaliere, poi con il Magnifico Matteo. In una società globalizzata e sempre più dominata da sperequazioni sociali, l'avvento dell'uomo forte non è un'ipotesi tanto peregrina. L'elezione americana ci serva da monito, ora che ci apprestiamo a votare per il referendum costituzionale. I contrappesi democratici che la riforma costituzionale mira a eliminare, ci potrebbero portare dritti verso un punto di non ritorno. E allora, il sole potrebbe non sorgere più.

Cleopatra, lunedì 14/11/2016

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