sabato 21 gennaio 2017

TIFT MERRITT – STITCH OF THE WORLD (Yep Roc Records, 2017)



C’è una famigliarità nelle canzoni di Tift Merritt che a ogni ascolto produce la sensazione di un ritorno a casa: apriamo l‘uscio e ritroviamo i profumi, le luci, le consuetudini del vivere domestico. Ogni cosa è al suo posto, esattamente dove l’avevamo lasciata prima di partire. Ed è bello, chiudere fuori dalla porta il mondo e immergersi nell’ovattata quiete dei piccoli gesti, muoversi in un ambiente che non ha misteri, replicare abitudini che costituiscono le nostre certezze. Suona così Stitch Of The World, un disco che non sposta di una virgola quello che ci aspettiamo da Tift Merritt. Certo, i detrattori saranno pronti a banalizzare il contesto e a ripeterci che i canoni espressivi sono vecchi, gli arrangiamenti risaputi, le melodie trite e ritrite. Ma noi li lasciamo dire, perché è questo quel che vogliamo dalla bella ragazza di Houston: una musica che ci dia conforto e certezze, che ci accompagni nelle nostre giornate come un amico fidato, come un affetto a cui rivolgerci quando abbiamo bisogno di un abbraccio che ci protegga. Queste canzoni profumano di casa e di Merritt fin dal primo ascolto, sono l’America dell’ovvio ma non del banale, sono country e folk filtrati attraverso un linguaggio delicatamente pop, che ci allontana dalle radici per rendere più visibile il fiore. E forse, mai come in questo caso, il delicato tocco artigianale della cantautrice coglie nel segno, regalandoci una scaletta di tredici canzoni senza una sbavatura, perfette nella loro semplicità, come il volto di una giovane ragazza che non ha bisogno di trucco per apparire bello. Quello della Merritt è un songwriting senza scarti, che tiene ferma la barra, indirizzandola verso approdi in cui possiamo agevolmente riconoscere Carole King, Tori Amos (la splendida Icarus, un gioiellino di intensità acustica), Sheryl Crow, e che fa della melodia il suo punto di forza. Registrato a Los Angeles, mentre Tift era al sesto mese di gravidanza, il disco vede la collaborazione di Sam Beam degli Iron & Wine, e i camei di Marc Ribot alla chitarra e Eric Heywood alla pedal steel nell’iniziale Dusty Old Man, un vivace blues dall’andamento dinoccolato. Seguono Heartache Is An Uphill Climb, una ballata pianistica dal sapore seventies e My Boat, che rimette al centro la chitarra acustica, in un brano scarno in cui è la voce cantilenante della Merritt a creare una melodia da brividi. E questo è solo l’inizio di un disco che convince per tutta la sua durata, sia quando Tift si misura con il più classico dei brani folk (la title track) sia quando sfodera le chitarre elettriche nel mid tempo di Proclamation Bones. Stitch Of The World, come si diceva, non riserva soprese, ma è l’ennesimo buon disco di un artista che non ha bisogno di artifici per trasmettere emozioni, che fa il suo senza pretendere altro da sé stessa se non di farlo bene. Ed è proprio quello che vogliamo quando torniamo a casa da un lungo viaggio: ritrovare i nostri spazi, la nostra dimensione, la nostra irrinunciabile tranquillità.

VOTO: 6,5





Blackswan, sabato 21/01/2017

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