mercoledì 29 marzo 2017

DEPECHE MODE – SPIRIT (Columbia, 2017)


Dopo trentasei anni di carriera e quattordici album in studio, occorre domandarsi cosa sia legittimo attendersi da un nuovo full lenght dei Depeche Mode. La band di Dave Gahan può considerarsi, e a ragione, una sorta di istituzione, che ha saputo mantenere la barra del timone, senza perdersi nei meandri di una lunghissima carriera, nonostante svariate traversie e l’alternarsi di mode musicali sempre più distanti da quel synth pop (talvolta tinteggiato di nero) che diede loro il successo a metà degli anni ’80. Una band, insomma, che anche nei momenti meno ispirati non ha mai sbracato, ma che, credo sia di tutta evidenza, a dispetto di un immutato successo commerciale, non è più stata in grado di azzeccare un disco clamorosamente bello dai tempi di Songs Of Faith And Devotion, uscito nel lontano 1993. Eppure, come appena affermato, non ricordo un album dei Depeche tanto brutto da essere cestinato senza appello nel sacco dell’immondizia. Perché la band britannica è come un’elegante berlina che circola con il pilota automatico, ed è indubbio che i tre ragazzi di Basildon il loro mestiere lo sappiano fare con professionalità e maestria. Che è quello, poi, che si riscontra anche in quest’ultima prova in studio: un album confezionato benissimo da un gruppo che ha saputo creare un suono immediatamente riconoscibile e resistente all’usura del tempo. Spirit, insomma, è un disco dei Depeche Mode fatto e finito, pur essendo pervaso da quel mood elettronico spinto e crepuscolare che aveva già animato il precedente Delta Machine. Gli arrangiamenti sono curatissimi, qui e là emerge anche qualche tentativo di rendere l’assunto meno scontato (Scum) e Gahan canta talmente bene, che anche le dignitose prove vocali di Martin Lee Gore in Eternal e Fail finiscono per sbiadire velocemente. Eppure, nonostante non ci sia una virgola fuori posto, manca un vero e proprio sussulto, un guizzo, una canzone che fra qualche anno ci farà ricordare di Spirit. Certo, Where’s A Revolution è un singolo che, alla lunga, funziona benino (ma francamente siamo al minimo sindacale per una band come i Depeche) e So Much Love e No More (This Is The Last Time) si avvicinano a quelli che sono i migliori standard della casa. Nel complesso, però, Spirit, anche dopo ripetuti ascolti, si fa ascoltare ma non riesce mai a decollare, lasciando la sensazione di una prova sostanzialmente incolore. Insomma, non c’è nulla che non vada, ma nulla che vada tanto bene da farci superare l’asticella della sufficienza.

VOTO: 6





Blackswan, mercoledì 29/03/2017

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