giovedì 20 aprile 2017

L’ORECCHIO DI MALCO – PIETER ASPE



Una donna in stato confusionale viene trovata nuda in un parco. La signora per fortuna sta bene, ma non ricorda assolutamente nulla di cosa sia successo la sera prima, né ha idea del perché si trovi lì, per di più senza vestiti. È solo il primo di una serie di episodi bizzarri. Incaricati subito di seguire le indagini, nel giro di poco Van In e il suo inseparabile braccio destro Versavel si ritrovano sulle tracce di una setta di fanatici cattolici. Ben introdotti negli ambienti della finanza e della politica, hanno un piano ambizioso: sopprimere le tentazioni sessuali, azzerare le disuguaglianze economiche, eliminare la corruzione nel mondo e instaurare una teocrazia basata sul sacrificio. Costi quel che costi. Quando, molto presto, gli episodi bizzarri si trasformano in una serie di avvenimenti sempre più drammatici e cruenti, comincia un’escalation di terrore e violenza che si propaga da Bruges in tutto il paese con un’ampia eco mediatica. La situazione sembra senza via d’uscita quando la stessa Hannelore, sua moglie, giudice istruttore, viene rapita dai membri della setta. L’equilibrio e le capacità dell’ispettore Van In e dell’amico Versavel questa volta verranno messi davvero a dura prova. Tra richiami biblici, rituali inquietanti, atmosfere cupe e ricordi dolorosi, il commissario più amato del Belgio ritorna in questa nuova indagine mozzafiato, appassionante e tristemente attuale.

Cosa abbia spinto molti a parlare in termini lusinghieri di questo romanzo, mi risulta francamente incomprensibile. In tutta onestà, non avevo mai letto, prima di adesso, nessuna delle indagini dell’ispettore Van In (siamo al settimo episodio), non so dire se L’orecchio Di Malco sia un errore di percorso, magari reso ancora più visibile da qualche incertezza nella traduzione, o se invece sia perfettamente in linea, per contenuti e stile, con le opere precedenti. Certo è che in questo romanzo, e usiamo il termine con benevolenza, Pieter Aspe non ne azzecca una nemmeno per sbaglio, collocandosi a livello di scrittura, idee e svolgimento un metro sotto a quell’ipotetico minimo sindacale già abbondantemente sforato dalla Paula Hawkins di La Ragazza Del Treno. Se l’idea di partenza possiede il fascino dell’attualità (il terrorismo e il fanatismo religioso, questa volta, però, declinati in salsa cattolica), lo scrittore belga, tuttavia, non riesce mai a far decollare il romanzo, pasticcia con una materia che evidentemente conosce solo da qualche conversazione da bar e crea un mappazzone indigesto senza capo né coda. La prosa, infatti, è sciatta e puerile all’inverosimile, i dialoghi rasentano il ridicolo, e i personaggi, privati, ritengo inconsapevolmente, di ogni connotazione psicologica, sono ridotti al rango di esilaranti macchiette (tra masturbazioni compulsive, scaramucce verbali degne di Sandra e Raimondo e grotteschi scambi di convenevoli fra condannati a morte). E tutto ciò sarebbe perfino accettabile se l’obbiettivo prefissato, cioè quello di scrivere un thriller, fosse stato in qualche modo raggiunto. Invece, i nodi dell’intreccio narrativo restano quasi tutti irrisolti, la trama procede per intuizioni date per scontate e non supportate da ricostruzioni investigative plausibili, il ritmo è soporifero, i colpi di scena quasi inesistenti, e il finale, frettoloso e raccogliticcio, è talmente ridicolo da indurre il lettore a chiudere l’ultima pagina del libro con una grassa e sonora risata. Insomma, se si arriva fino alla fine molto velocemente, non è perché si è assorbiti da una lettura avvincente e palpitante, ma è solo per porre fine alle sofferenze del nostro intelletto. Così, per evocare il nome biblico che dà il titolo a questa nefandezza, viene spontaneo esibire un rozzo calembour: se è vero che Pietro tagliò l’orecchio al povero servo Malco, Pieter fa più o meno la stessa cosa con i nostri zebedei. Letifero.

Blackswan, giovedì 20/04/2017

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