sabato 1 aprile 2017

SUNNY SWEENEY – TROPHY (Aunt Daddy Records, 2017)



La giovane Sunny possiede una gran bella voce e spesso allieta le serate degli amici imbracciando la chitarra. Eppure, per Sunny la musica ha un valore relativo: lei vuole diventare attrice, le interessa il teatro off, l’improvvisazione, il contatto diretto col pubblico. Così, alla prima occasione, se ne va da Austin, città in cui vive, e abbandona l’università, per trasferirsi a New York, dove vuole studiare recitazione. Si porta dietro la sua chitarra, però, e quando suona, i compagni di corso la spronano a concentrarsi sulle canzoni e sulla sua bella voce. Convintasi, allora, di avere più talento musicale che recitativo, Sunny torna in Texas, consegue la laurea in relazioni pubbliche e comincia la gavetta di musicista, suonando nei locali della cerchia metropolitana di Austin. Il primo album autoprodotto (Heartbreaker's Hall of Fame), esce nel 2006, e poi, successivamente, viene ripubblicato, quando firma un contratto con la Big Machine Records. Il disco ha un buon ritorno di vendite a livello locale, ma riscontri migliori arriveranno solo successivamente con Concrete (2011), primo disco prodotto dalla neonata label Republic Nashville, nata dalla join venture fra BMR e Universal. Con Provoked, uscito nel 2014, Sunny conferma il proprio trend di artista capace di piazzare singoli nelle parti alte delle classifiche di genere, senza però riuscire a sfondare sulla lunga distanza dei full lenght, che non riescono mai a scalare le pendici delle charts americane. E questo nonostante i termini lusinghieri della stampa specializzata, che non lesina consensi e stellette. Cosa succederà con questo Trophy, uscito qualche giorno fa, non è dato sapere. Quel che è certo è che la critica musicale statunitense ne sta parlando già da qualche tempo con toni entusiastici. E a ragion veduta. Il disco, relativamente breve, è composto di dieci canzoni che abbinano il fascino della vecchia scuola country a un suono fresco e moderno, riconducibile ad artiste della medesima estrazione della Sweeney, quali Miranda Lambert o Elisabeth Cook. L’approccio filologico è immediatamente riconoscibile nell’opener Pass The Pain, country soul alle Willie Nelson, in cui Sunny canta il potere lenitivo dell’alcool, o in I Feel Like Hank Williams Tonight, intensa ballata che esibisce con orgoglio il senso di appartenenza a una scuola musicale. Un’appartenenza condivisa anche da Lori McKenna, che con Sunny firma l’appassionata There’s Nothing Wrong With Texas, canzone dedicata alle radici texane e alla gioia che si prova ogni volta che si fa ritorno a casa. Tuttavia, Sweeney, pur declinando tutto il suo amore per il country, evita l’ortodossia, imbastardendo il suono con accenti metropolitani e rock, come succede magnificamente in Better Bad Idea e in Pills, in cui la songwriter racconta senza filtri una passata dipendenza da farmaci (I’ve been clean for years, but to be completely honest, I think about it all the time). 




In questi due episodi, per intenderci, ci muoviamo su territori contigui a quelli esplorati da Elisabeth Cook con Exodus In Venus dello scorso anno: morbidissima nelle ballate, Sunny dimostra di essere altrettanto credibile quando sfodera elettricità e grinta da rocker. Cosa che succede anche Why People Change, rock sudista il cui riff stonesiano e sporco chiama in causa addirittura i Black Crowes. Se il vertice del disco è rappresentato da Bottle By My Bed, una ballata assassina illanguidita da una sottile partitura di violoncello, il finale di scaletta è un uno-due da ko: la title track, dalla ritmica vagamente reggae e dal ritornello pop irresistibile, e la conclusiva Unsaid, ballata di grande atmosfera, in cui la Sweeney esibisce tutto il suo talento vocale con un’interpretazione appassionata e di grande effetto. Trophy è un disco senza cedimenti, che nobilita la grande tradizione roots, esibendo nel contempo una modernità e una freschezza di songwriting davvero inusuali. Alla Sweeney non manca nulla per essere annoverata tra le migliori artiste country in circolazione, se non forse l’album dall’eclatante riscontro mediatico, che la conduca definitivamente fuori dai confini della scena texana, imponendone il nome a livello nazionale. Con questo nuovo e azzeccatissimo Trophy, potrebbe esserci riuscita.

VOTO: 7,5





Blackswan, sabato 01/04/2017


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