venerdì 7 luglio 2017

WARM SODA – I DON’T WANNA GROW UP (Castle Face, 2017)



Chi ha seguito la carriera di Matthew Melton rimarrà deluso dalla notizia che I Don’t Wanna Grow Up sarà l’ultimo disco dei Warm Soda. Ancor più dopo averlo ascoltato, perché questo è senza dubbio il miglior lavoro che la band di Austin abbia mai dato alle stampe. Fin qui niente di insolito, non fosse che l’uscita coincide con l’esordio di un nuovissimo gruppo (Dream Machine) messo in piedi in fretta e furia dallo stesso Melton con la complicità della moglie Doris, tastierista bosniaca conosciuta qualche anno fa durante un tour dei Warm Soda nei Paesi Bassi. La vicenda rimanda a pagine della storia del Rock ben più conosciute tanto che lo stesso Melton non ha potuto esimersi, tra il serio e il faceto, dal dichiarare: "Per tutti i fan impegnati a tirare fuori confronti con Yoko, non provateci!". Amenità a parte rimane fortissima la sensazione che per il nostro tutto stia cambiando alla velocità della luce, prima trova la perfetta sintesi Power Pop inseguita con coerenza granitica da un decennio a questa parte con tutte le sue band (Snake Flower 2, Bare Wires e Warm Soda) quindi, improvvisamente e inopinatamente, si butta a corpo morto su un progetto musicalmente lontano mille miglia come quello Neo/Prog incarnato dai Dream Machine. Per comprendere pienamente il disorientamento stilistico che sta vivendo Melton in questi ultimi mesi, basterà dare un’occhiata anche all’orrenda copertina di The Illusion: lui nei panni di un prestigiatore da baraccone, lei, Doris, invece levita a mezz’aria sfoggiando una mise ottocentesca. Materiale prezioso per gli archivisti di dangerousminds.net.





Augurando il meglio a Matthew e soprattutto alla sua innamoratissima musa per le fasi di atterraggio, torniamo ad occuparci di I Don’t Wanna Grow Up perché vale davvero la pena. Difficile scegliere tra le dodici tracce le canzoni migliori, tutte funzionano a meraviglia, come nei piccoli, grandi, capolavori dei Plimsouls oppure dei Real Kids che rendevano complicatissima la selezione dei singoli da indirizzare alle radio. La scrittura di Melton è solare, leggera ed educatissima, tutto il meglio delle raccolte Nuggets qui rivive magicamente, un excursus sonoro da ricercarsi nel solco che unisce idealmente i Beatles più psichedelici al Bubblegum Pop dei Ramones degli ’80. L’incessante succedersi di refrain vincenti, le invenzioni chitarristiche tra ganci melodici e accelerazioni Garage/Rock unitamente alla voce nasale di Melton rendono piacevolissimo l’ascolto. Un brano onnicomprensivo potrebbe essere This Changes Everything, dovesse piacervi non fatevi sfuggire l’intera raccolta: è l’ultima occasione per alzare il volume insieme ai fantastici Warm Soda se quel geniale lungagnone di Matthew Melton dovesse insistere con i giochi di prestigio.  

VOTO: 8





Porter Stout, venerdì 07/07/2017

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