giovedì 17 agosto 2017

WHISKEY SHIVERS – SOME PART OF SOMETHING (Clean Bill Music, 2017)



Bobby Fitzgerald (voce e violino), Andrew VanVoorhees (basso e cori), James Gwyn (washboards), Jeff “Horti” Hortillosa (voce e chitarra) e James Bookert (banjo): questi cinque simpatici cialtroni altro non sono che i Whiskey Shivers, una delle proposte più interessanti (ed estreme) in ambito roots music. Loro arrivano da Austin (Texas) e sono insieme dal 2009, data dalla quale hanno iniziato a masticare la loro versione politically incorrect del genere bluegrass. Hanno già all’attivo un paio di album (Rampa Head del 2012 e l’omonimo Whiskey Shivers del 2014), che hanno fatto molto parlare la stampa specializzata, perché questa band, non ci vuole molto a capirlo, è composta da gente completamente fuori di testa. Tanto che la critica per cercare di inquadrare la loro proposta ha coniato il termine di trashgrass. Un nome, un programma. Una breve occhiata al loro sito e un rapido ascolto di questo ultimo, divertentissimo, Some Part Of Something chiarirà velocemente le idee: i Whiskey Shivers sono sboccati (nella loro pagina vi salutano con un bella foto di culi al vento), provocatori (tra il merchandising troverete la maglietta per donne incinta “whiskey fucking shivers”), sboccati (in scaletta un brano, niente male peraltro, intitolato Fuck You, che suggerisce testi un filo sopra le righe), irriverenti (la loro cover di Friday I’m In Love dei Cure è uno sberleffo ai canoni tradizionali del pop) e beffardi (il video del singolo Cluck Ol’En sfotte il genere horror e ha un finale spassosissimo). Di texano, a parte la provenienza, i Whiskey Shivers non hanno proprio nulla: Some Part Of Something fonde il classico suono degli Appalachi e la cultura musicale dell’America più rurale con un’urticante attitudine punk e una travolgente energia da rock’n’roll band. Tanto per capirci, brani come No Pity In The Rose City, Reckless, la citata Friday I’m In Love o Angelina Baker sembrano suonati da degli Avett Brothers strafatti di anfetamine. A prescindere, tuttavia, dal dato meramente goliardico, quel che conta, alla fine, è che i Whiskey Shivers sono musicisti tecnicamente sopraffini, che si approcciano con filologico rispetto al suono bluegrass (usano anche la washboard) e che suonano a una velocità supersonica senza mangiarsi una nota. Perfetti per una serata all’ultima pinta.

VOTO: 7





Blackswan, giovedì 17/08/2017

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