martedì 21 novembre 2017

BILLY BRAGG - BRIDGES NOT WALLS (Cooking Vinyl, 2017)

Erano anni difficili quelli governati dall’esecutivo della signora Thatcher, anni in cui l’Inghilterra masticava il frutto amaro di politiche di austerity, che aggredivano i ceti più deboli senza alcuna pietà. Tra gli artisti che si opponevano alla macelleria sociale del primo ministro inglese, c’era Billy Bragg, un Woody Guthrie di terra d’Albione che cantava la propria rabbia contro ogni forma di fascismo e di prevaricazione. Una militanza, la sua, che non si limitava, però, solo a belle canzoni di protesta vestite di folk-punk. Bragg ci metteva anche la faccia, in senso letterale: stava sulle barricate, si faceva arrestare e prendeva manganellate. Impossibile allora non amarlo, soprattutto se, a quei tempi, avevi vent’anni, stavi a sinistra e ti era capitato per le mani un disco favoloso come Talkin’ With The Taxman About Poetry (1986), zeppo di canzoni da far ribollire il sangue nelle vene, canzoni che ti scuotevano con la forza di testi diretti, sinceri, passionari. Oggi, Billy Bragg ha quasi sessant’anni (li compirà il 20 dicembre), si è lasciato alle spalle un’ottima discografia (vado a memoria, ma non mi ricordo un disco che non fosse ispirato) e collaborazioni importanti con i Wilco e Joe Henry, ma non è retrocesso di un passo da quella barricata, sulla quale resta orgogliosamente in piedi. Illuso, forse, ma ancora combattivo e gagliardamente ancorato a quei valori marxisti ai quali ha dedicato una vita intera. Bridges Not Wall, Ep di sei canzoni uscito a inizio novembre via Cooking Vynil, conferma che Billy non ha smesso di crederci e continua a veicolare profonde riflessioni in un mondo dove tutti sembrano più preoccupati di aggiornare la propria pagina facebook invece del proprio bagaglio etico. Dopo il malinconico e introspettivo Tooth & Nail (2013), disco reso amaro dalla sofferta perdita del padre, e il successivo Shine a Lights (2016), in cui, con l’amico Joe Henry, Billy ripercorreva gli snodi ferroviari del roots a stelle e strisce, il songwriter di Barking torna a schierarsi dalla parte dei più deboli, ad attaccare il potere costituito dal capitalismo più sconsiderato, a criticare aspramente il nuovo corso della politica americana e britannica (Trump e la Brexit nel mirino), a riflettere su come rendere il nostro mondo migliore e a spronare la gioventù a cercare una strada diversa, lontano dalla mendace realtà di uno smartphone. Ponti, non muri: tornare a parlarci, quindi, accogliere il diverso, riconsiderare la lista delle nostre priorità. Bragg è uno degli ultimi attivisti, un combattente ideologico che, per quanto la battaglia sia irrimediabilmente persa, continua nella sua chiamata alle “armi” con messaggi di speranza, di impegno, di fratellanza. Solo sei canzoni in scaletta, una distanza breve, certo, ma densa di contenuti, diretta, civile e necessaria come un film di Ken Loach (e il pensiero, durante l’ascolto, torna più volte a quel film straordinario che è I, Daniel Blake). Bragg media fra il suono american oriented delle ballate misurate e dolenti che costellavano Tooth & Nail (King Tide & The Sunny Day Food) e quel folk scartavetrato dal punk di una sei corde distorta e icastica, che rappresenta il marchio di fabbrica dei suoi anni giovanili (Why We Build The Wall). Due le canzoni che ci porteremo a lungo nel cuore: Saffiyah Smiles, morbida ballata dedicata a Saffiyah Khan, la ragazzina di Birmingham immortalata mentre sorride in faccia a un nazista durante una manifestazione dell’EDL, e Not Everything That Counts Can Be Counted (and not everything that can be counted counts) che racchiude in una melodia pressoché perfetta la summa del pensiero che anima Bridges Not Walls. Disco imprescindibile per chi ancora ci crede. Che Dio (e Marx) abbiano in gloria Billy Bragg, il più vero tra tutti quelli che ci hanno messo la faccia.

VOTO: 7,5





Blackswan, martedì 21/11/2017

2 commenti:

Francesco ha detto...

quel disco dell'86 però non potrà mai essere superato. che poi era un genere che a me all'epoca non piaceva affatto.

Blackswan ha detto...

@ Francesco: vero, a mio avviso uno dei dischi più significativi degli anni '80, sponda britannica.