domenica 8 luglio 2018

PREVIEW



Palestrina, una tranquilla cittadina di 20.000 abitanti, si trova tra le montagne del Lazio, a sud di Roma. Il paesaggio rurale è familiare a David August: sua madre nacque lì e torna sempre a trovare la famiglia. Il clima mite e la zona tranquilla sono sempre stati in forte contrasto con la sua città natale Amburgo, dove in casa parla ancora Italiano e vive con una famiglia dalla mentalità aperta e consapevole delle tradizioni italiane.
In quanto produttore e compositore, il sound multiforme che lo caratterizza, deriva da un ambiente profondamente introspettivo e di scoperta di sé stessi. Il sound dell’ingegnere del suono, laureato e con una formazione classica, è difficile da classificare. Cercare di collegare i punti tra i suoi primi singoli dance, il suo album di debutto del 2013, Times e la collaborazione del 2016 con la Deutsches Symphonie-Orchester può sembrare inutile, così come la sua profonda conoscenza. La cultura nella quale è cresciuto, però, non veniva riflessa nella sua musica. Ammette di non aver mai utilizzato in modo creativo le emozioni più forti derivanti dalle sue radici, tenendole private fino ad ora.
Seguendo l’avvio della sua etichetta all’inizio di quest’anno, 99CHANTS – e il suo album di debutto ambient DCXXXIX A.C., il nuovo album di David, D’Angelo – pubblicato su [PIAS] – è il sound di un giovane artista che viene a contatto con quelle radici, esplorando nuovi territori e liberandosi dalle inibizioni; decostruendo le atmosfere pop e allo stesso tempo ricercando il suo passato, le riforma in qualcosa di estremamente commovente. Traendo ispirazione dalla vita e dai lavori del pittore barocco Michelangelo Merisi da Caravaggio, l’album fonde la sensibilità pop con paesaggi sonori cinematografici e malinconici. David dipinge un ritratto vivido del suo passato, applicando la sua tecnica a qualcosa di più primitivo e grezzo. Il risultato, così come la sua carriera, non può essere etichettato in un genere specifico. Sono presenti elementi di pop balearico, noir jazz, post-rock e il genere grezzo del collega e viaggiatore Forest Swords, il tutto avvolto in qualcosa di estremamente personale.
La title track, nonché singolo dell’album, riporta alla mente l’avanzare costante di Meanderthals o Moon Duo; qualcosa che puoi sentire nel programma radio Beats In Space o nella musica prodotta dalla Smalltown Supersound. Una composizione ricca e approfondita, caratterizzata da chitarre risonanti, un basso ritmato e voci filtrate – dirette e sincere – elementi posti gli uni contro gli altri, che si trasformano in un ambient fragoroso. Le voci decadono nel riverbero, le parole diventano glossolalia, mormorii, respiri, mugolii. La tensione improvvisa spezzata da un groove di tastiera e la batteria che torna brevemente, prima di sparire ancora, mentre tutto emerge sfacciatamente in un drone inquietante, come qualcosa tratto da Forbidden Planet, che porta verso territori sconosciuti, avvolgendo l’ascoltatore.
È stato importante per David che le sessioni di registrazione avvenissero su territorio italiano, prendendo ispirazione dal luogo dal quale proviene. Isolandosi nello studio per due settimane, David faticò a trovare un unico linguaggio per esprimersi, con i quadri del Caravaggio su uno schermo e Ableton sull’altro. Questa ossessione per l’originalità all’inizio fu inutile, producendo una sola traccia nelle sessioni originali, e a quel punto realizzò che cercare di creare un nuovo linguaggio dal nulla è sinonimo di puro egoismo. Questa consapevolezza è sempre stata lì, sempre rilevante nella sua evoluzione come artista. Dovette pensare al processo il meno possibile e lasciarsi andare, abbracciando le energie spirituali e superando lo scetticismo di quel mondo – se non per un breve periodo. I risultati sono impressionati, malinconici, presenti in uno spazio che non è facile da tradurre a parole…ma le parole sono sempre importanti?



Blackswan, domenica 08/07/2018

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