lunedì 18 febbraio 2019

IL MEGLIO DEL PEGGIO




Mentre Silvietto pensa che gli italiani siano fuori di testa perché non lo votano, a Strasburgo volano torte in faccia. Capita che il premier Conte si trovi a doversi spogliare del suo proverbiale aplomb e rispedire al mittente (il liberale belga Guy Verhofstadt) l'offensivo epiteto di "burattino mosso da Salvini e Di Maio". Un episodio avvilente che da' l'immagine plastica del clima irrispettoso che ormai caratterizza la dialettica politica in generale.
Eppure tutta questa acredine nei confronti del Movimento 5 Stelle fa riflettere. Vuoi per la stampa non certo benevola, vuoi per un elettorato esigente, deluso dalla sinistra, e che ora che si è ritrovato, suo malgrado, a votare il partito fondato da Beppe Grillo. Vuoi anche per certe sortite non sempre condivisibili di Luigi Di Maio e dai suoi collaboratori dettate spesso da scarsa avvedutezza e improvvisazione. Fatto sta che in casa 5 Stelle tira un vento siberiano, soprattutto dopo la scoppola delle elezioni abruzzesi.
È di tutta evidenza che la base, la cosiddetta ala dura del movimento, guardi con una certa preoccupazione l'invincibile armata leghista. Matteo delle Felpe incassa gradimento e miete consensi come se piovesse. E si atteggia a pacificatore verso l'alleato di governo: nulla cambierà (per ora). Bontà sua, ma è di tutta evidenza che per Di Maio e compagnia, i guai non sono che all'inizio: si approssimano la votazione on line sull'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sul caso Diciotti e le elezioni in Sardegna.
E se Atene piange, stavolta Sparta ride. C'è chi scende e chi, invece, prende un'altra strada. Come il sempiterno Matteo da Rignano. Renzi, lo statista incompreso, il senatore, il conferenziere, il documentarista, lo scrittore, presenta l'ultima fatica letteraria. Ritorna alla ribalta con il libro manifesto "Un'altra strada". Chi pensa sia il preludio di un partito nuovo, chi invece è più attendista. Di certo c'è l'antipatia innata di un uomo incline solo a una autoreferenzialita' senza eguali. "Sono stato dipinto spesso come un uomo non avvezzo a fare autocritica, una sorta di Arthur Fonzarelli di Happy Days, incapace di proferire le parole 'mi sono sbagliato' ". È il solito Renzi, un film già visto con una interpretazione manieristica nemmeno degna di un premio David di Donatello.

Cleopatra, lunedì 18/02/2019 

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