venerdì 19 aprile 2019

FONTAINES D.C. - DOGREL (Partisan, 2019)


A voler utilizzare alcune espressioni tanto care alla stampa anglosassone, si potrebbe parlare a proposito degli irlandesi Fontaines D.C. di best new thing o di new sensation. D’altra parte, l’hype nei confronti della band di Dublino è stato costruito ad arte in questi mesi, grazie a una narrazione orchestrata ad hoc e alla pubblicazione di singoli (praticamente tutto il disco d’esordio) che hanno creato una crescente attesa nei confronti di questa pubblicazione.
Tuttavia, il clamore generato da questa opera prima non risiede solo nell’ottima comunicazione che ha permesso di conoscere la band con ampio anticipo, ma soprattutto dal valore artistico di un disco, per certi versi sorprendente. Che la musica dei Fontaines D.C. sia clamorosamente derivativa è un dato di fatto su cui nemmeno si dovrebbe discutere: queste canzoni, infatti, hanno i piedi immersi fino alle caviglie nella fanghiglia post punk di inizio anni ’80, raccontano Dublino e l’Irlanda nello stesso modo in cui facevano alcune band di combat rock del periodo, e hanno come numi tutelari, citati spesso smaccatamente, alcuni gruppi hanno fatto la storia del genere, Joy Division su tutti.
Ciò nonostante, sarebbe ingiusto parlare di mera operazione di copia-incolla, perché questi ragazzi sono riusciti, in pochissimo tempo a forgiare un suono tutto loro. C’è un piglio garagista che identifica le loro performance, una veemenza tutta sangue e sudore che da sempre identifica quelle rock’n’roll band che fanno dell’immediatezza il loro punto di forza. E ci sta, quindi, che la tecnica e l’attenzione agli arrangiamenti passino in secondo piano, cosa abbastanza evidente all’ascolto di questo Dogrel. C’è, poi, il timbro vocale di Grian Chatten, un crooner, monocorde e monotono, che ricorda un incrocio ansiogeno fra Ian Curtis e Kele Okereke dei Bloc Party, a marchiare a fuoco queste canzoni di grintosissimo post punk.
Tutto funziona a meraviglia in Dogrel, a partire della splendida Big (godetevi il video, ne vale la pena) brano che apre il disco con una dichiarazione d’amore nei confronti di Dublino. Non ci sono momenti di stanca, e ogni singola canzone in scaletta regge alla grande il confronto con band che di recente hanno imboccato la stessa strada dei Fontaines D.C. (Shame e Idles, soprattutto): i tamburi battenti di Sha Sha Sha, che ruba un giro di chitarra ai Clash (London Calling), lo sconquasso noise di Too Real, la melodia scartavetrata di Roy’s Tune, gli echi Joy Division di The Lotts o la conclusiva Dublin City Sky, che evoca l’anima sfilacciata e alcolica di Shane MacGowan dei Pogues, sono tutti episodi che rendono Dogrel un esordio appassionato ed emozionante.
Non so dire se i Fontaines D.C. siano destinati a durare nel tempo: l’andamento monocorde del cantato e una certa ortodossia stilistica alla lunga potrebbero anche imboccare il tunnel della ripetitività e finire per stancare. Tuttavia, c’è da scommetterci, almeno per quanto riguarda il 2019, che il loro esordio comparirà in vetta a tutte le classifiche di fine anno.

VOTO: 7,5




Blackswan, venerdì 19/04/2019

1 commento:

Offhegoes ha detto...

a me Big ha ricordardato tanto i P.I.L......
niente di nuovo sotto il sole, ma pura energia che fa bene....