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martedì 16 dicembre 2025

The Avett Brothers & Mike Patton - AVTT/PTTN (Thirty Tigers / Ramseur Records / Ipecac Recordings, 2025)

 


Avete presente quel giochino che si faceva da ragazzini e che consisteva nell’accostare due gusti tra di loro inconciliabili per vedere chi riusciva a creare l’abbinamento più bizzarro? Una cosa tipo cozze e nutella, per intenderci. Ecco, tra le collaborazioni musicali più improbabili vince a mani basse quella fra gli Avett Brothers e Mike Patton. Un accostamento all’apparenza senza senso, di quelli che lasciano perplessi, tanto da farci grattare la testa, come di fronte a un problema apparentemente irrisolvibile.

D’altra parte, è la storia che parla. Mike Patton è stato il papà dell’alternative metal e del crossover a capo dei leggendari Faith No More, ha guidato progetti di rock sperimentale come Fantomas e Mr. Bungle, ha fatto suo uno sguardo irriverente e iconoclasta, sovvertendo i canoni dei generi e flirtando spesso con le ali estreme del rumore. E gli Avett Brothers? La band capitanata dai fratelli Seth e Scott Avett potrebbe essere definita come i Mumford & Sons della Carolina del Nord, sono dei bravi americani timorati di Dio, che suonano il loro buon vecchio folk rock da stadio per dei bravi americani timorati di Dio. Ma sono dei Mumford & Sons che ce l’hanno fatta, perché a ben vedere i loro dischi, funzionano dannatamente bene e si fanno ascoltare con piacere. Possiedono un raro gusto della melodia (per quanto spesso figlia di un certo manierismo radiofonico) e un’esuberanza caciarona che li rende irresistibili dal vivo.

Due mondi a parte, dunque, due filosofie musicali apparentemente intangibili, che, tuttavia, in questo AVTT/PTTN, progetto nato dalla stima reciproca fra i musicisti coinvolti, producono un risultato più che positivo.

Patton canta con un timbro southern basso che si bilancia in armonia con le voci melodiose dei due fratelli, contribuendo in un modo molto intrigante a un interplay rodatissimo, rinfrescando, quindi, dinamiche costruite da tempo con grande mestiere. Le canzoni si muovono con sicurezza in ambito folk rock, a cui la mano di Patton aggiunge al classicismo tocchi inaspettati, che rendono la scaletta molto meno prevedibile.

L'album inizia con "Dark Night Of My Soul", che si apre con un delicato finger picking e la voce condivisa tra Patton e gli Avett, trasmettendo un senso di calore avvolgente, di cose antiche che riscaldano il cuore, per poi evolversi in qualcosa di spazioso e cinematografico verso la fine del brano.

"To Be Known" inizia morbidissima su note di piano sgocciolate, coretti carezzevoli, un banjo pizzicato e una batteria scarna, mentre i fratelli aprono le parti cantate per poi lasciar spazio a Patton, in quello che è il brano più Avett Brothers del disco.

Due tracce che dimostrano subito come una collaborazione così insolita possa avere un senso a tutto tondo. Patton si adatta bene al mood e si mette al servizio delle splendide armonie e del suono delicato che sono un marchio di fabbrica degli Avett.

Poi arriva "Heavens Breath", che è senza dubbio la canzone più lontana dal dna dei due fratelli e che ha un’impronta più decisa di Patton: chitarre fuzz, accordi ipnotici e granulosi e inserti di synth accompagnano la voce ruvida e profonda dell’ex Faith No More, in una stravaganza sonora che lambisce il post punk. L’assolo di chitarra, bruciante e quasi sbilanciato e il finale noise, trasformano la canzone nel punto esclamativo della scaletta.  

Uscendo dall'energia punk di "Heavens Breath", si scivola nel miele di "Too Awesome", una canzone d'amore intrisa di folk, una ballata dolce e carezzevole, in cui il cantato di Patton e dei Brothers, condiviso e stratificato, contribuisce a rendere il brano uno dei migliori dell’album. 

"Disappearing" è un altro brano simile a un classico degli Avett Brothers, ma con Patton che imposta la sua voce in stile country old school, ricco di bassi, in una sorta di immedesimazione con Johnny Cash.

È difficile non amare il modo in cui Patton e i fratelli si alternano nelle parti vocali da una traccia all'altra, un elemento che fa sì che questo album sembri una collaborazione a tutto tondo e molto meno un album di canzoni "con Mike Patton". Sembra quasi che lui si sia insinuato silenziosamente fra i due come se fosse un terzo fratello, cosa che funziona alla perfezione in "Eternal Love", il singolo tratto dall’album, che vanta alcune delle migliori parti vocali dell'intera scaletta.

"The Ox Driver's Song", unica cover presente, un bluesaccio dal ritmo tribale e con inserti elettronici, è il brano in teoria più classico ma anche più sperimentale del disco, l’anomalia curiosa di un gruppo di amici che si ritrova esplorare le possibilità della collaborazione, divertendosi.

Chiudono il disco, l’atmosferica "The Things I Do", avvolta da un’aura quasi cinematografica e "Received", ultima traccia che funge da caloroso addio, avvolgendoci tra braccia amorevoli e aprendoci la porta d'uscita con un dolce sorriso. Quello che nasce da un connubio che poteva trasformarsi in farsa e che, invece, ci tiene stretti a sé con un pugno di canzoni che vince e convince, e si fa riascoltare con rinnovato piacere.

Voto: 7,5

Genere: Country, Folk, Americana

 

 



Blackswan, Martedì 16/12/2025

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