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martedì 22 febbraio 2011

PROVO A DEFINIRE PATRIA

Consapevole di infilarmi in un ginepraio,dal quale, ho come l’impressione, uscirò solo con parecchi graffi e poca soddisfazione,proverò a definire patria.O almeno quello che essa rappresenta per me.Il rischio,lo sono bene,è di debordare nella retorica d’accatto o,peggio ancora, di passare per un nazionalista,di quelli che sfoggiano con orgoglio le tre dita e son pronti ad immolarsi al grido di :“ Viva l’Italia !“. Chiedo pertanto preventivamente perdono qualora dovessi incorrere in tali nefandezze concettuali. Non ho radici che mi leghino ad un’area geografica del nostro paese,nè sento mia alcuna città,avendone girate troppe.Anzi,a dire il vero non riesco nemmeno a sventolare la bandiera di un quartiere o di una via,nei quali poter dire”qui son cresciuto e questa è la mia casa”.Nè posseggo un retroterra folcloristico( nel senso migliore del termine ) di tradizioni,perché non me ne sono mai state trasmesse.E’ forse per questo che sento il bisogno di identificarmi in qualcosa che mi trasmetta un senso di appartenenza.Per cui,se qualcuno dovesse chiedermi se mi sento italiano,direi certamente si.Più italiano che milanese, più italiano che romano ( città in cui sono nato ).Sono conscio del fatto che fuori dall’iconografia tradizionale della filastrocca” pizza,mafia e mandolino”,connotarsi italiano non è cosa semplice.Ha ragione Ezzelino nell’evidenziare quante peculiarità dividano i nostri connazionali e quanto il senso di appartenenza,forte all’estero e assai lasso entro i confini nazionali,sia costituito da un amalgama di fattori risibili,come il calcio o gli spaghetti.Anche il dato linguistico non conforta:una lingua splendida,la nostra,che col passare del tempo si è impoverita sempre più,e che lascia progressivamente il passo a forme spurie regionali che mutuano dai dialetti accenti,pronuncie e termini ai più non comprensibili. Eppure,c’è qualcosa che mi permette di definire patria,qualcosa che mi da un senso di appartenenza.Qualcosa di diverso dall’orgoglio imprenditoriale dell’italian style nel mondo,o dall’inno cantato tutti insieme allo stadio o dai mesti tricolori posati sulle bare di ragazzi morti in Afghanistan non si sa bene perché.E’ il nostro patrimonio culturale.Una bella bandiera che sventolo con gioia.Un vessillo che dura da ben più di centocinquantanni e trova le sue radici nella magnificenza dell’antica Roma.Un fiume in piena che,secolo dopo secolo,è giunto fino a noi,attraverso Dante,Petrarca,Caravaggio,Giotto,Manzoni,Verdi,Pasolini e migliaia di altri artisti,musicisti,pensatori e scrittori che ,inevitabilmente,si sono insinuati nel nostro dna.Certo,si potrà obiettare che il cemento della coesione sia piuttosto elitario.Può darsi,non lo nego.La cultura però è una fonte a cui tutti possono abbeverarsi,non ci sono divieti né graduatorie da rispettare.E quando ti sei dissetato,almeno a me così succede, ti monta in corpo un orgoglio per il tuo paese che ti stringe il groppo e ti commuove.Io sono cresciuto nella patria che ha dato i natali alla Divina Commedia,alla Gioconda e alla Tosca.Non so quanti nel mondo possano dire la stessa cosa.
PS :Mi sono riletto e mi sono accorto di essere finito nell’imbuto della retorica:da un capo, sono entrate tante parole e dall’altro,ne è uscito il flusso piuttosto esile di un concetto.Non vorrei essere frainteso.Non proponevo una verità assoluta ma solo il motivo per cui,nonostante tutto,amo il mio paese.
Blackswan,martedì 22/02/2011

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