Amo Vic Chesnutt non solo per le sue bellissime canzoni, per la sua voce fragile e seducente, per il suo particolarissimo modo di suonare la chitarra. Lo amo soprattutto per la forza con cui ha affrontato la sorte beffarda e una vita a metà, per il coraggio di non arrendersi, di trasfigurare il proprio dolore in un'arte che fosse universale, sincera e, in qualche modo, salvifica. Chesnutt viveva dall'età di diciotto anni inchiodato a una sedia a rotelle a causa di un gravissimo incidente stradale. Ciò non gli ha impedito però di percorrere la propria strada attraverso la musica, di camminare e di correre, metaforicamente, come tutti gli altri, sospinto dalla forza di una passione artistica in grado di forgiare una musica in perenne movmento fra spiritualità e azzardo sperimentale.
Probabilmente, fu proprio quella tragedia a renderlo l'artista sensibile e impegnato che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Una vicenda artistica, quella di Vic, che ricorda da vicino il cammino intrapreso dal grande Robert Wyatt : la paralisi come soglia dell’abisso e successiva resurrezione, come baratro di dolore e nel contempo prossimità al cielo stellato. Anche le canzoni di Chesnutt prendevano forma da una gestione assolutamente anarchica del pentagramma, erano figlie di una fantasia sbrigliata e anticonvenzionale,che pescava sì dalla tradizione, ma rielaborava i moduli e le note attraverso coordinate spesso indecifrabili, apparentemente ostiche, mai prive tuttavia di una, seppur defilata, sostanza melodica foriera di struggimenti. La musica del cantautore georgiano aveva il respiro dell'epica rock ( meglio,post-rock ), le sembianze dimesse di un folk aspro e dissonante, i palpiti trattenuti dell'intimismo più colloquiale, e una ricchezza di suoni non lineare e a tratti addirittura scorbutica, come a voler celare il trasporto melodrammatico di una tragedia esistenziale mai completamente rielaborata.
Vic Chesnutt |
“North Star Deserter", prodotto dalla casa discografica canadese " Constellation " ( la stessa di Carla Bozulich e dei Godspeed You Black Empereor!, per intenderci ) , è l'opera malinconica e visionaria di un uomo che cerca nella scrittura lo spazio per quei movimenti che la vita gli ha tolto. Fin dalle prime note vi accorgerete che le canzoni di Chesnutt sono prive di connotati spazio-temporale, hanno un’anima brada, scapigliata, puntano direttamente l’orizzonte, in un susseguirsi, quasi ansiogeno, di lente ma inesorabili dilatazioni, di improvvise e furiose accelerazioni.
" Warm " è un inizio che solo i grandissimi possono permettersi: chitarra acustica e contrabbasso a scavare nella dura pietra il diamante grezzo di una melodia apparentemente fragile, eppure ricca di sinuosi ammiccamenti.
"Glossolalia " è una corale sinfonica, in cui il contrappunto d'archi, dall’andamento quasi ritmico,e la voce sdoppiata di Vic si schiudono in una dolorosa litania dal sapore vagamente balcanico.
"Everything I Say" si gioca la carta della dicotomia chiaro-scuro, stasi-ripartenza : un incipit scarno e notturno accelera improvvisamente in un fragore post core, in cui il chitarrismo destabilizzante e sgraziato di Guy Picciotto ( leader fondatore dei Fugazi, qui ospite fisso ) crea derive di un'intensità elettrica a dir poco adrenalinica.
"Splendid " è una di quelle canzoni che cambiano la vita: distorsioni e riverberi di pinkfloydiana memoria preparano il terreno a una serie di strofe che ricordano da vicino la resa emotiva cantata da Jonny Cash in “ Hurt “, per poi sfociare in un ritornello di bellezza così fulgida da sembrar plasmato dalle mani di un angelo.Tutto è perfetto: la voce di Chesnutt, tristissima ma non arresa, e la ieratica scansione metrica del testo, che racconta malinconicamente di una giovinezza che non c’è più ( " On the beach we had fun,by the rocks in the sun,we were young we were free,we were wild as the weeds below cliffs " ).
Il livello compositivo del disco resta ispirato per tutte e dodici le tracce, con due picchi altissimi nel vibrante finale: "Debriefing ", post-hardcore incendiario, nel quale le distorsioni noise di Picciotto e una ritmica primigenia e tribale, fanno da contraltare a una melodia tanto claustrofobica da apparire malevola, e " Marathon ", minimalismo acustico che ci abbandona indifesi nel cuore della notte, interrompendo il flusso regolare del nostro respiro.
I pochi che si sono confrontati con questo disco ( Chesnutt nel nostro paese è, purtroppo, autore di nicchia ) avranno trovato in “ North Star Deserter" un motivo in più per “disertare" dalla solita musica, rapiti dalla magia di un songwriting forse ostico e difficilmente omologabile, ma della cui nitida bellezza è impossibile dubitare.Una musica, quella di Chesnutt, che chiede all’ascoltatore una maggiore partecipazione, uno sforzo osmotico, un patto do ut des che ci libera dal giogo dell’ovvia convenzione, per trasformarci in disertori in fuga con lo sguardo rivolto al cielo, alla ricerca della stella del Nord e di un sogno di libertà.
PS : Vic Chesnutt si è suicidato il giorno di Natale del 2009, all’età di 45 anni.
Blackswan, domenica 29/01/2012
Straordinario disco, straordinario cantautore, straordinario uomo, mai amato abbastanza.
RispondiEliminaNon lo conosco così bene da parlarne con cognizione di causa. Ricordo il filo della sua tragica vita, e mi era rimasta fortemente impressa la delicatezza della copertina del disco.... questo volo che è sempre pronto a spiccare , ma che è ancora fermo!
RispondiElimina@ Silvano : non amo molto i superlativi,ma la musica di Chesnutt è un issimo della mia discografia.
RispondiElimina@ Nella : la tua sensibilità ha colto in due righe il senso della musica di Vic.Grazie.
Devo ringraziarti perché se non era per questo tuo post non avrei mai saputo niente di questo artista sfortunato e della sua vita. Ho ascoltato il brano che hai postato e mi ha dato i brividi.
RispondiEliminaQualcosa l'avevo già sentita,ma non sono mai sceso nei particolari. Cmq quel poco che conosco mi ha davvero impressionato
RispondiEliminaNon lo conoscevo...oltre al brano che hai pubblicato tu ne ho ascoltati altri su youtube...artista davvero interessante...ora faccio a te la stessa domanda che hai fatto tu a me qualche tempo fa...ma quante ne sai???
RispondiElimina@ Melinda : una delle cose che mi emoziona di più nella vita è condividere la musica.Grazie a te :)
RispondiElimina@ Massi : L'ascolto di Chesnutt è tosto,non lo nego,ma merita davvero.
@ Mary :Come per te,cara Mary,è la passione a spingerci verso esplorazioni oltre confine :)
Pensa che non ne sapevo nulla. Grazie a te posso colmare questa lacuna. Sottoscrivo i brividi provati da Melinda, e mando un abbraccio cosmico a questo angelo perduto.
RispondiEliminaAlbum straordinario, come tutti gli altri.
RispondiEliminaAscoltarlo e vederlo dal vivo fu un'incredibile emozione.
Non possiedo il lessico appropriato per esprimermi in materia, ma appena ascoltata una canzone di questo artista che non conoscevo deve ammettere che irradia la sensazione di una valida interazione artistica tra musica e sentimenti che si intendeva esprimere. La sua dolorosa vita mi fa venire in mente quella di altri grandi del passato ...
RispondiEliminasi anche io non ne sapevo nulla e per questo ti ringrazio, gran post!
RispondiEliminaNon lo conoscevo, le note che ascolto mi mettono una grande angoscia, la musica può essere "moto e ragione" eppure non è bastata per vivere. Non trovi?
RispondiElimina@Blackswan: Ascoltandolo si capisce anche questo,ti ci devi dedicare appieno
RispondiEliminaMagistrale!
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