Nel 1967, Tim Buckley è un ancora un artista folk alle prime armi, come ce ne sono tanti, in giro per i locali della Grande Mela. Ha pubblicato il proprio esordio con l'Elektra e di lui ci si accorge solo perchè possiede insolite doti vocali. Di lì a breve, tuttavia, il giovane Tim partirà in un'avventura musicale che rivoluzionerà il concetto di canzone e andrà a incidere profondamente sul futuro del rock anni '70. In soli tre anni, infatti, Buckley inanella un filotto di capolavori ( " Goodbye and Hello ", "Happy Sad ", " Blue Afternoon "," Lorca "e soprattutto " Starsailor " ) che realizzeranno compiutamente la sua idea non convenzionale di musica, capace di essere nel contempo solenne e visionaria, lisergica e innovativa, laboratorio di audaci sperimentazioni psichedeliche, in cui l'approcio alla composizione viene svincolato come mai prima da qualsiasi schema armonico. Un crossover onirico, dunque, nel quale il cangiante timbro vocale di Buckley riveste il ruolo, mai così decisivo, di strumento solista e di collante di infiniti e, talvolta, confliggenti generi ( folk, pop, rock , jazz ). Un'esplorazione appassionata e febbrile, alla ricerca di un linguaggio musicale che esprima, attraverso l'improvvisazione free, un connubio difficilmente definibile di estatici bagliori lirici ed esiziali ( come lo saranno nella vita ) declivi verso il buio opprimente del proprio tormento. Quando l'anno successivo, partirà per il famoso tour londinese ( che vedrà poi la luce su vinile solo nel 1990 con il magnifico " Dream Letter " ) Buckley è già un musicista a tutto tondo. Ha le idee chiare, il suo progetto sta prendendo forma, le sue performance live appassionano per suspence e inventiva, la sua musica si è completamente spogliata di ogni canone convenzionale, è elusiva e ammiccante nel contempo, talvolta tanto avanguardistica da apparire inafferabile. Quando suona al Folklore Center, invece, la dimensione del suo folk è ancora concreta, reale. Siamo a New York, in un piccolo centro culturale. Il numero dei presenti è talmente esiguo che gli spettatori quasi si possono contare dal rumore degli applausi ( pare fossero solo 35 !! ). Tim è praticamente sconosciuto al grande pubblico ( è uscito solo l'omonimo album d'esordio e "Goodbye And Hello" vedrà la luce da lì a qualche mese ), ma ha già dimostrato di avere talento, di possedere una voce sublime, di cui la stampa specializzata continua a raccontare mirabilia. E' un artista in erba, quindi, ma con un futuro che pare già scritto. Tanto che viene spontaneo domandarsi se quei pochi appassionati si siano davvero resi conto di assistere all'epifania di un suono che avrebbe spostato per sempre, e di una spanna abbondante, l'orizzonte musicale conosciuto. L'atmosfera è intima, dimessa, quasi colloquiale. Sul palco, siede un timido ragazzo ( Tim ha solo 20 anni ) con la sua chitarra acustica, che canta con voce profonda, tormentata, straordinariamente personale. Le canzoni sono gioielli grezzi, che cercano una forma e una brillantezza nella pietra dura di un suono asciutto e un pò aspro. Eppure, quando Buckley dispiega le ali della propria voce, quelle fragili note spiccano il volo verso un altrove in cui non esiste materia, si trasformano in poetico nitore, alludono a quel livello di genialità superiore che si paleserà di lì a poco. " Live At Folklore Center" è un documento straordinario perchè racconta del giovane Tim prima che diventi il grande Buckley, perchè fotografa con chiarezza il momento storico in cui il folk è al suo apice espressivo ( siamo in pieno Greenwich Village ), e perchè recupera dall'oblio un'esibizione che, sebbene scarna ed essenziale, intride il piccolo centro culturale di una magia che a tratti sembra addirittura palpabile. Sono sedici le canzoni in scaletta, alcune delle quali il tempo consegnerà alla leggenda: " I Never Asked To Be Your Mountain ", " Phantasmagoria In Two ", " Dolphins "," No Man Can Find The War" e " Carnival Song ". Non solo la qualità della registrazione non paga dazio ai quarant'anni trascorsi ( è quasi un miracolo ) , ma l'energia sprigionata dalle immense doti vocali di Buckley conosce davvero il dono di cancellare il tempo e riportarci, spirito e corpo, alla vibrante atmosfera di quella serata. Con gli occhi chiusi, cullati dalla voce di un angelo dal sorriso triste.
Blackswan, martedì 21/02/2012
un grande tim...sempre ricordato poco!
RispondiEliminaè vero, sembra di essere lì con lui, o forse è lui qui che suona la chitarra per me, mentre la voce è irraggiungibile e molto particolare :)
RispondiEliminaha fatto bellissimi pezzi
RispondiEliminaGrazie a te lo so conoscendo, ascoltando ed apprezzando..La 12 corde suonata col plettro, usando un'accordatura aperta, evoca spazi enormi e lì , fuori, il suo canto ti trascina via come il vento..
RispondiEliminaUn post, caro il mio Nick , da occhi lucidi...Perfetto,con gli aggettivi giusti per la definizione della voce e del canto di Tim. Un essere così pieno di contrasti, e con l'infelicità nel cuore, che niente riusciva a lenire. Solo il canto e le sue liriche, liberavano un poco la sua anima. Simile il figlio Jeff , due angeli , belli come il sole e con le ali tagliate per sempre. Guai a chiedere il significato delle canzoni nelle poche interviste concesse. Il loro motto era sempre il tutto frutto del momento , delle sensazioni impalpabili che ti invadono così all'improvviso. Si possono catturare con una melodia, ma ogni volta potrà avere sfumature differenti.Mi hai commosso Blackswan, ma questa fine serata è veramente al top... Bravissimo!
RispondiEliminaPost bellissimo ! Conosco alcuni dei suoi pezzi, un grande artista, vero e intenso. Grazie..
RispondiEliminaUn artista che non ho mai seguito e questa sera mi rendo conto della mia grave mancanza.
RispondiEliminaMeno male che l'amico Black ogni tanto pone rimedio alla mia ignoranza.
Bel post e bella canzone.
...Greetings From L.A. il mio preferito.....
RispondiEliminaConosco solo Jeff, grazie all'ottimo Grace.
RispondiEliminaApprofondirà appena possibile anche Tim. Il pezzo che hai condiviso è molto bello.
grazie
Massimo
Il disco in questione ha l'enorme merito di renderci partecipi, seppur virtualmente, di un'esperienza emozionante e coinvolgente. Immagino, infatti, un concerto di Tim Buckley come qualcosa che tenda e sfiori il trascendente.
RispondiEliminaUna chicca tirata fuori dal cilindro del Maestro!
sei riuscito a trovare le parole che si approssimano di più a quel piacere pieno ma indefinibile che si prova ascoltandolo. :)
RispondiElimina"Schitarrate" epiche. Proprio da occhi chiusi!
RispondiEliminaPasso per un caro e forte abbraccio. Caro Nick scusa l'assenza ma ero un attimo indisposta. Mi sei mancato ed ora ti voglio leggere alla grande. A presto.
RispondiEliminaInutile dirti che m'hai messo addosso la voglia di sentirlo. Complimenti
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