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martedì 26 novembre 2013

BABES IN TOYLAND - FONTANELLE


Di riot-grrrll è costellata la storia della musica: da Patti Smith e Grace Slick, arrabbiate ante litteram, a Kim Gordon della gioventù sonica, col suo cantato isterico tutto di gola, alle Hole dell'ex signora Cobain, Curtney Love (che peraltro agli inizi di carriera militò proprio nelle Babes in Toyland), fino alle più recenti Sleater-Kinney,con il loro rock di derivazione grunge, e Liz Phair. Tuttavia, anche a spulciare un dizionario rock con certosina attenzione è davvero difficile reperire un gruppo in quota rosa che si più incazzato delle Babes In Toyland così come lo sono in questo leggendario disco datato 1992. Fontanelle, inutile giraci attorno, è quella che si può definire semplicemente un'aggressione. Aggressione visiva, in primis, che si subisce anche gettando solo un rapido sguardo alla disturbante copertina del disco, in cui una bambola giace con le gambe aperte in una postura che non ammette fraintendimenti. Il messaggio è diretto e chiarissimo: infanzia e innocenza convivono con un ammiccamento più che sguaiato al sesso. Se da un lato si può pensare a un desiderio di emancipazione brutalmente esibito e a un volgare sberleffo nei confronti del perbenismo, dall’altro è in re ipsa invece l’ attacco frontale e senza remore al mondo degli uomini (intesi come genere maschile) che considera le donne come  bambole, oggetti inanimati, corpi a cui non viene riconosciuta alcuna identità se non quella di essere strumenti di piacere. Aggressione, però, anche e soprattutto a livello sonoro, che fin dal primo ascolto colpisce brutalmente le orecchie dell’ascoltatore, con riff di chitarra pesantissimi, una sezione ritmica indemoniata, e il cantato al limite di Kate Bjelland, urlato, sussurrato, malevolo, seducente, e rappreso in una sorta di concentrato schizofrenico di instabilità emotiva. Una scaletta di quindi canzoni che è violenta come un corpo a corpo senza quartiere, in cui i brevi momenti di quiete altro non sono che specchietti per le allodole, trappole appostate proditoriamente per amplificare la successiva esplosione di violenza. 





Come dei Sonic Youth con il lanciafiamme o dei Nirvana con gli occhi iniettati di sangue, le Babes in Toyland azzerano la melodia, dispensando vetriolo e dissonanze, picchiano per far male e non fanno prigionieri. Il singolo, si fa per dire, Bruise Violet, esplode improvviso, dopo due colpi di grancassa, nel cantato malato della Bjelland, che si sdoppia tra terrorismo vocale e ammiccamenti da professionista del sesso. Bluebell pare un flamenco-metal, tutto scatti e adrenaliniche ripartenze. Handsome & Gretel è una favola punk-metal che trasuda marcio, straniante nel suo ritornello vomitato che si sovrappone improvviso su un urlo al napaln della durata di un minuto e cinquantatre secondi. Magick Flute veste le sembianze di un twist schizofrenico che procede fra rallentamenti sonici e parossistiche esplosioni di sensualità. Won't Tell esplora invece il grunge, destrutturandolo in accessi di rumorismo psicotico. Da citare ancora Short Song, che come si può intuire dal titolo è una sfuriata metal di nemmeno un minuto, l'immensa Quiet Room, refuso zeppeliniano prestato al punk e il blaterare ossessivo di  Jungle Train, che trova più di un collegamento con le follie di Cave, militanza Birthday Party. Fontanelle, a dispetto del titolo delicato, è un disco che non da tregua, che disarma per rabbia e violenza, e che scrive uno dei capitoli più importanti del rock al femminile. Un ascolto importante, decisivo, ma disturbante ai limiti della tolleranza fisica. Non è un caso, d’altra parte, che le brave ragazze ascoltino Giorgia, mentre quelle cattive le Babes in Toyland.





Blackswan, martedì 26/11/2013

3 commenti:

  1. Oh oh oh, queste sono vere nasty girls.
    Mi piace molto questa biondina dall'aria folle e dalla voce strappata.
    Musica squadratissima, almeno nel brano postato, ma che furia!
    Ottimo.

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  2. @ Ezzelino : furibonde e incendiarie. Almeno in questo disco, poi un pò si sono quietate.

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  3. grandi le Babes! peccato che non abbiano avuto il successo che si meritvano

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