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venerdì 28 marzo 2014

SCOTT H. BIRAM - NOTHIN' BUT BLOOD

E' un tipo tosto Scott H. Biram, uno con la pellaccia dura. Quando il 25 marzo di undici anni fa (era il 2003), il suo veicolo impattò frontalmente contro un tir, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla sua sopravvivenza. Si ruppe un femore, un braccio, i piedi, i denti e ebbe parecchie lesioni interne, tanto che dovettero asportargli un tratto di intestino (la cicatrice all'addome è in bella mostra mostra sulla copertina dell'album). Eppure, un mese dopo quell'incidente, Scott era nuovamente sul palco a suonare, roccioso come la sua chitarra, saldo come la roots music delle sue canzoni, tetragono come i muri di decibel che riesce a ergere quando si addentra in territori spigolosamente hard. One man band, come declamano orgogliosamente le note di copertina, undici album all'attivo, un consistente seguito di fans in patria, il chitarrista e cantante texano è uno di quei musicisti che vive sempre al confine, presidiando il punto esatto di frontiera in cui la tradizione americana si incontra con attitudini punk e hardcore. Potrebbe essere paragonato a Hank William III, se non fosse che Biram preferisce seguire le strade del blues, piuttosto che quelle del country. Ma la grinta, a tratti vestita di autentica ferocia, è più o meno la stessa. Nothin' But Blood riassume molto bene quale sia il credo musicale del bluesman texano: momenti di folk blues tradizionali (eccellente il brano d'apertura intitolato Slow & Easy), classici del blues strapazzati dalla voce di Biram, spesso assimilabile a un ringhio (una Back Door Man di Willy Dixon davvero notevole), sfuriate di distorsioni che si spingono ai limiti dell'hardcore o del metal (Around The Bend, Church Point Girls e Only Whiskey) e invenzioni stralunate che fanno intuire che nel cervello del ragazzo si annidi un piccolo germe di follia (Amazing Grace rifatta per voce e armonica). Pochi strumenti (prevalentemente chitarre), arrangiamenti essenziali, ma grinta da vendere. Tanto che, nonostante affiori qualche deja vu a dispetto dell'aura di "diversità" che l'artista si vuol dare, il disco finisce per produrre lo stesso effetto corroborante di una lunga sorsata di bourbon quando fuori infuria il temporale.
VOTO: 7





Blackswan, venerdì 28/03/2014 

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