Mai piaciuti I Cloud
Nothings, e lo dico senza usare perifrasi utili ad addolcire la pillola. Troppo college
band, troppo finto alternativi, troppo pop ad annacquare un punk mai davvero
decisivo. Insomma, una musica buona per adolescenti che vorrebbero farsi
passare per duri, ma che poi al primo accenno noise, tremebondi, si fanno il
segno della croce. E questo, nonostante al progetto musicale del terzetto di
Cleveland abbia messo mano un guru dell’alternative come Steve Albini (Big
Black, Rapeman, Shellac, e una miriade di produzioni che vanno dai Fugazi agli
Slint passando per i Nirvana). Oggi, Albini, dopo il deludente Attack On Memory
del 2012 (vedi motivi su esposti), ha lasciato la cabina di regia e ha passato
il testimone a John Congleton (John Grant, St. Vincent, Anna Calvi, Micah P.
Hinson, etc). E il cambio di rotta , strano a dirsi, ha permesso ai Cloud
Nothings di sfornare il loro album migliore. Certo, non vi è stato lo
stravolgimento di una formula che sembra ormai parte del dna della band: i
ganci melodici e la ricerca del ritornello facile facile abbondano anche in
Here And Nowhere Else. Eppure, gli spunti più decisamente pop non sono mai
puerili, mai fini a se stessi, ma si inseriscono alla perfezione in un
linguaggio divenuto finalmente adulto. Anzi, a tratti addirittura austero (come
ci fa capire la copertina del disco) e decisamente essenziale (come spiega lo
scarno packaging del cd). Il minimo sindacale di durata (trentadue minuti) e
otto canzoni urlate, dirette, capaci di percuotere i timpani con una ritmica
possente e una chitarra altrettanto solida. Il gioco funziona, insomma, e se è
vero che il punk è tutta un’altra cosa, questo noise pop, un po’ emo e un po’ post,
alla lunga è riuscito a convincere anche un detrattore come il sottoscritto.
VOTO: 7
Blackswan, lunedì 21/04/2014
Non li ricordo proprio caro Blackswan...
RispondiEliminaBuona Pasqua in ritardo e spero tutto bene!