Si potrebbe
affermare, senza il rischio di esagerare, che recensire i dischi di Joe
Bonamassa sia ormai diventato un mestiere a parte, determinato da ritmi e
scadenze ben specifiche. Dal vivo o in studio, da solo o in compagnia (senza
contare che l'uomo vanta una discreta serie di comparsate, come da ultimo è
successo nel testamento spirituale di Johnny Winter), il chitarrista
statunitense partorisce almeno un album ogni quattro/cinque mesi. Un tour
de force, insomma, che ci costringe a stare chini sulla tastiera del pc con
una frequenza di gran lunga superiore alla media. Grazie a Dio, nonostante
questa frenetica ipercreatività, il livello delle uscite targate JB è
sempre buono e ascolti e recensioni vanno via lisci e
piacevoli come bere un bicchier d'acqua in una giornata d'arsura. Different
Shades Of Blue, concepito a Nashville, registrato a Las Vegas e uscito proprio
in questi giorni nei negozi, non si discosta dallo standard qualitativo
delle produzioni precedenti e fin dai primi ascolti sia ha la sensazione
che acquistare un disco di Bonamassa sia ormai un pò come mettere i soldi
in banca. Tuttavia, questa volta, l'accento si sposta su blues, r'n'b e funky,
come se le recenti collaborazioni con Beth Hart avessero eccitato il
talento compositivo di Joe, indirizzandolo definitivamente verso
marcati territori black. Sono infatti davvero
pochi i momenti in cui riemerge l'antico amore di Bonamassa
per quelle sonorità hard rock che avevano segnato i tre lavori con i Black
Country Communion, e sono tutti piazzati a inizio disco: l'intro di Hey Baby
(New Rising Sun), dagli echi clamorosamente hendrixiani, e la successiva Oh
Beatifull!, impreziosita da un riffone in quota Led Zeppelin e da un
vigoroso assolo, che per fantasia e classe può essere annoverato tra i
migliori di sempre del nostro eroe. Il resto del disco è invece un tripudio di
declinazioni blues, spesso in abito funky, in cui oltre alla chitarra di Joe
diventa protagonista la sezione fiati, composta dagli ottimi Lee Thornburg
(tromba e trombone) e Ron Dziubla (sax). Una splendida hard ballad decisamente
melodica (la title track) e un lentone da paura (So What Would I Do) a
conclusione del disco, sono i momenti migliori di Different Shades Of
Blue, album che riproduce esattamente le peculiarità di ogni
disco di Bonamassa: scrittura convenzionale ma di qualità, produzione
che mette l'accento sulla sei corde, prestazioni strumentali di livello mostruoso. Ciò che
manca, come sempre, è lo spunto, l'intuizione, il colpo di genio, che possano
trasformare questo disco, come tutti gli altri, in un classico di genere.
Che sia arrivato il momento per Bonamassa di fermarsi per rifiatare un pò e
concentrarsi, anima e corpo, su un unico progetto? Forse sarebbe questo l'unico
modo per sfornare finalmente un capolavoro e non solo un buon
disco.
VOTO: 7
Blackswan, sabato 27/09/2014
L'eco clamorosamente Hendrixiano di Hey baby (New rising sun)è probabilmente dovuto al fatto che il pezzo è appunto di Hendrix... :-)
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