In un anno che non ci ha regalato dischi
particolarmente riusciti, questo finale di stagione sembra avere in serbo per
noi qualche piacevole sorpresa. Dopo aver parlato molto bene, un
paio di settimane fa, dell'ultima fatica di Lucinda Williams, mi trovo oggi a
raccontare un disco che, sono pronto a scommetterci, scalerà le classifiche
personali di molti ascoltatori e probabilmente di molte riviste specializzate.
Sto parlando del secondo full lenght di Ben Howard, ventisettenne songwriter
londinese, che dopo il buon successo (anche commerciale) del disco d'esordio
intitolato Every Kingdom (2011), torna a stupire con un album intenso ed
emozionato. Un disco in cui Howard, pur senza inventare nulla di nuovo
(la materia è pur sempre quella ormai consunta dell'indie folk), allestisce una
scaletta di splendide canzoni umorali e malinconiche, andando a citare con
gusto alcune icone del passato quali Nick Drake e John Martin, e artisti
più recenti del calibro di David Gray e Damien Rice, coi quali sono davvero
parecchi i punti in comune. Come nello splendido bianco e nero della
copertina, i dieci brani di I Forget Where We Were si muovono fra
le luci e le ombre di una sensibilità sempre in bilico fra dolcissime
malinconie (il treno in corsa suggerito dalla ritmica di Rivers In Yours
Mouth produce i languori di un lontano ricordo che torna a noi
all'improvviso, lasciandoci sulle labbra un nostalgico sorriso) e sprofondi
notturni di un'amarezza senza fine (lo straordinario incipit di Small Things,
una delle canzoni più belle ascoltate quest'anno). Tra folky picking magistrali
(In Dreams da brividi) e schegge di post rock (la conclusiva All Is Now
Harmed), Howard disegna col tratto sfumato della matita un soundscape autunnale
per viaggiatori malinconici, la cui percezione della realtà risulta sempre
foriera di dolorosi ricordi. Curato nella produzione, che mette in risalto
soluzioni chitarristiche azzeccate per equilibrio e misura (sapiente l'uso
del riverbero), drammatico, senza però mai sfociare nel melò, privo di fillers
e sincero negli struggimenti, senza tuttavia perdere il proprio equilibrio
formale, I Forget Where We Were si candida a essere uno dei dischi più
riusciti di questo 2014. Non certo un'opera innovativa, niente che ci faccia
gridare al miracolo, è vero, ma un disco composto di piccoli,
fragili gioielli emozionali che sapranno scaldarci il cuore nelle fredde
notti di questo ormai conclamato autunno.
VOTO: 8,5
Blackswan, mercoledì 29/10/2014
Blackswan, mercoledì 29/10/2014
Molto bello: il voto che gli hai dato lo merita tutto.
RispondiElimina@ Mr Hyde: disco di suggestioni, da ascoltare in cuffia a luce spenta.
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