Che ci vuole a parlare male del nuovo album degli
Ac/Dc? E' un attimo. Anzi, in molti, senza nemmeno avere ascoltato una nota di
Rock Or Bust, staranno già scaldando la penna, pronti a raccontare
l'ennesimo disco fiacco di un gruppo di musicisti bolliti, che suona
da decenni musica senza contenuti (Gesù, ma chi ne ha ?). E poi,
diciamolo: a parlarne bene si rischia di far la figura del
passatista, del vecchio rocker che è rimasto fossilizzato in un valvolare
degli anni '70 e non sa apprezzare le gioie creative della musica ggiovane.
Insomma, si finisce inevitabilmente per perdere credibilità e impataccarsi il
curriculum in modo indelebile. Fortunatamente, il sottoscritto non ha mai avuto
nè un curriculum nè credibilità e quindi può dire esattamente quel che pensa.
Ad esempio, che gli Ac/Dc è dalla notte dei tempi che hanno cristallizzato un
suono fra i più imitati dell'universo e che fanno da secoli sempre lo stesso
disco (in ambito indie si parla spesso di coerenza artistica), che a volte
suona bene e altre un pò meno. E allora ? Qual è il problema ? Se sei un fan
del gruppo o semplicemente ami la musica rock senza orpelli e condimenti è
esattamente quello che ti aspetti. D'altra parte, provate a rispondere con
sincerità a questa domanda: chi mai comprerebbe un disco degli Ac/Dc che non
suoni esattamente come un disco degli Ac/Dc? Probabilmente, nessuno. Fatta
questa premessa, occorre disegnare brevemente il quadro d'insieme. Non è un bel
momento per la band capitanata dal folletto Angus Young: il fratello Malcom,
infatti, ha dato per sempre l'addio alle scene (o qualcuno l'ha fatto per
lui), visto che è affetto da conclamata demenza senile (è stato sostituito dal
nipote Steve Young), mentre il batterista Phil Rudd rischia di essere associato
alle patrie galere americane, per possesso di stupefacenti e per aver assoldato
un killer con l'intenzione di uccidere due persone. Considerato questo
quadro a tinte fosche e tenuto conto che il precedente Black Ice era
uno di quei dischi degli Ac/Dc che suonava meno bene degli altri, non vi erano
grandi speranze per la riuscita del loro sedicesimo full lenght. Invece,
proprio in virtù della premessa posta a inizio recensione, posso affermare che,
anche dopo ripetuti ascolti, Rock Or Bust funziona decisamente bene. Se volete
ve lo ripeto ancora, in modo da non creare fraintendimenti: le undici
canzoni di Rock Or Bust si nutrono del solito boogie rock tirato
all'inverosimile, che alterna riffoni e assoli senza soluzione di
continuità. Eppure, la band, per qualche strano motivo, sembra
rivitalizzata, come avesse ritrovato un'antica grinta che in qualche precedente
episodio appariva essersi irrimediabilmente smarrita. Nulla di eclatante, per
carità, ma questa volta oltre al mestiere, c'è qualcosa in più. Angus è meno
pirotecnico e più incisivo e Brian Johnson ha ritrovato una potenza
nell'ugola che francamente non ricordavo. E poi, ci sono le canzoni, che
rispetto a quelle di Black Ice, pur nel loro risaputo deja vu, appaiono più
incisivamente connotate da specifiche peculiarità (rock blues): manca una Back
In Black, ma la tripletta che apre la seconda parte del disco, Hard Time,
Baptism By Fire (che riff !) e Rock The House (Zeppelin docet) lascia davvero
il segno. Un disco che in definitiva non deluderà le aspettative di chi si
attende che gli Ac/Dc continuino a fare esattamente quello che sanno fare
meglio: regalarci il loro rock sudatissimo e mettere alla prova la nostra
cervicale con un compulsivo headbanging. Con Rock Or Bust ci riescono
benissimo.
VOTO: 6,5
Blackswan, venerdì 28/01/2014
Ma anche la copertina del disco va in frantumi come l'immagine qui sopra?
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