Mi sono sempre chiesto
come mai gruppi o artisti che negli States vendono milioni di dischi, da noi
sono patrimonio esclusivo di pochi onnivori appassionati. Prendete i Toad The
Wet Sprocket, ad esempio: nella prima metà degli anni ’90, la band originaria
di Santa Barbara (California) è stata una presenza fissa nelle classifiche
americane, aggiudicandosi, anche, un paio di dischi di platino; da noi, il
silenzio quasi totale. Se andate a dare un’occhiata alla pagina Wikipedia
inglese, passerete una buona mezz’ora a
leggere; nel web italiano, invece, i riferimenti al gruppo sono radi come i capelli sulla testa
di Telly Savalas. Davvero strano. Soprattutto, perché i Toad The Wet Sprocket
(il nome bizzarro lo hanno preso in prestito da uno sketch dei Monty Pyton), di
canzoni appetibili anche per il pigro e impreparato pubblico italiano, ne hanno
scritte davvero tante. Fondatisi nel lontano 1986, i TTWP, appena adolescenti, si
sono fatti le ossa con una lunga (e consueta) gavetta di concerti in piccoli
locali e di album autoprodotti; poi, nel 1990, la Columbia li mette sotto
contratto, ripubblicando i primi due dischi. Il passaggio a una major, come
spesso succede, procura alla band di Santa Barbara quella visibilità che prima
non aveva, e i continui passaggi a MTV dei singoli All I Want e Walk On The
Ocean, lanciano il nuovo album, Fear (1991), in vetta alle classifiche
statunitensi, (il tutto certificato da un disco di platino). Nei due anni
successivi, l’attenzione dei media resta alta, le vendite si mantengono
consistenti, e le loro canzoni vengono inserite nella colonna sonora di un paio
di film di cassetta, tutte circostanze che sanciscono per i TTWS lo status di
stelle nazionali del(l’alternative) rock. Bisogna, però, battere il ferro finché
è caldo e bissare il successo del disco precedente, per non perdere la cresta
dell’onda. Detto, fatto.
Nel 1994, esce Dulcinea, che si mangia a colpi di
singoli le charts a stelle e strisce e si aggiudica l’ennesimo disco di platino,
nonostante una copertina inguardabile e un titolo, dai riferimenti letterari spagnoli
(il Don Chiscotte di Cervantes), per i più davvero poco appetibile. Il motivo
di tanto successo sta ovviamente nelle canzoni, tredici per la precisione, vestite
tutte di abiti orgogliosamente mainstream e dotate di un appeal melodico (e
radiofonico) che riuscirebbe a conquistare anche il cuore del rocker più
incallito. I Toad The Wet Sprocket non si inventano nulla, ma sono bravi a
inserirsi nel contesto musicale del tempo, fondendo con intelligenza i suoni
che vanno per la maggiore nell’allora attuale panorama rock: l’Americana solare
dei Jayhawks, gli struggimenti malinconici dei Counting Crows, e l’energia
radio friendly di quel movimento post grunge che, a partire dall’anno
precedente, sta ingolfando le case discografiche di gruppi mediocri, ma dall’alto
potenziale economico. La band capitanata da Glen Philliphs (voce e chitarra
ritmica) e Todd Nichols (chitarra solista), rielabora il tutto con gusto e
intelligenza, dando vita a un sound, che forse non sarà mai immediatamente
riconoscibile, ma il cui appeal è a dir poco irresistibile. E poi, ci sono le
canzoni, tutte orecchiabilissime, tutte possibili hit, ma non prive di quel
fascino adulto (i testi indulgono anche verso tematiche religiose e riferimenti
letterari di cui sopra) che tiene ben lontano la band dall’essere patrimonio
esclusivo dei teenagers. Il disco vende benissimo, il primo singolo, Fall Down,
arriva alla prima piazza delle classifiche di genere, il secondo singolo,
Something’s Always Wrong, entra nella top ten. Ma la storia dei Toad The Wet
Sprocket finisce praticamente qui: l’anno successivo, si raschia il fondo del
barile, con un’inutile raccolta di b-side (In Light Syrup) e nel 1997, esce
Coil, ultimo capitolo della band, che si scioglierà nel 1998, per sopravvenute
divergenze artistiche (in realtà, è Glen Phillips che scalpita per iniziare una
carriera in solitaria). La reunion, datata 2013, produce, grazie al crowdfunding,
un disco, New Constellation, che viene accolto tiepidamente dalla critica e dal
pubblico, e che suscita più di un rimpianto fra i numerosi fans americani (e i
più sparuti fans europei), per quel gioiello di mainstream rock dal titolo Dulcinea.
Blackswan, sabato 26/03/2016
Adoro i primi 2 album che ascolto ancora oggi. Altro gruppo dell'epoca che ebbe una sorte simile I Gin Blossoms. primi 2 albums su major , dischi di platino poi scomparsi
RispondiEliminaDisco BELLISSIMO
RispondiEliminagiustamente non sono conosciuti in italia : fanno pena !!!
RispondiEliminaMa non diciamo fesserie 😂
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