Pagine

venerdì 31 agosto 2018

PREVIEW


 
RON GALLO
 
Fuori il nuovo singolo "It's All Gonna Be OK" che anticipa
STARDUST BIRTHDAY PARTY, in uscita il 5 ottobre

RON GALLO pubblica il primo singolo - It's All Gonna Be OK -  estratto del suo nuovo, secondo album STARDUST BIRTHDAY PARTY, fuori il 5 ottobre per New West a poco più di un anno dal debut album HEAVY META. 

Non importa di cosa parla “It’s All Gonna be OK” , perché tutto è passeggero, l'esperienza personale e i pensieri: come dice lui,"I like to remind myself of this often and figured might as well share this thought with others via a mostly one chord song featuring my trumpet debut heard in the outro of the song. “It’s All Gonna Be OK” is the main message, and Stardust Birthday Party is me explaining WHY?...from my own experience looking inside”. 

Stardust Birthday Party è il risultato di un importante percorso interiore dopo un disco, Heavy Meta, creato da "un ragazzo di Philadelphia perso a metà dei suoi vent’anni, in una relazione con qualcuno che stava lottando con problemi di salute mentale e con una devastante dipendenza dall’eroina. Stavo scrivendo Heavy Meta, la porta perfetta per vedere il posto che avrei voluto evitare per sempre: me stesso."

Stardust Birthday Party racconta invece il percorso interiore. L’amore. Il cambiamento. "Ecco di cosa parla questo album, sono io che ballo mentre distruggo la persona che pensavo di essere. Stardust Birthday Party parla dell’evoluzione umana. In particolare, di un’evoluzione umana: la mia, Ron Gallo. Nel libretto dell’album di John Coltrane’s 'A Love Supreme' (che noi omaggiamo in Stardust Birthday Party) lui scrisse: 'Durante l’anno 1957, ho vissuto, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che fu lì per portarmi in una vita già ricca, più piena e più produttiva. A quel tempo, in gratitudine, chiesi umilmente di darmi i mezzi e il privilegio di fare felici gli altri attraverso la musica'. È quello. È la pura essenza della creatività. Ecco perché questo album esiste. Grazie, se vorrete condividere questo con me." Ron Gallo

Stardust Birthday Party segue il viaggio di Ron Gallo nel risveglio, nella destrutturazione personale, che inizia con il semplice messaggio: “Who Are You? (Point to it)”. L’album esamina l'odiarsi, l’ansia e la follia in canzoni come “Always Elsewhere,” “Party Tumor” e “Do You Love Your Company?” e portano alla fine alla risposta: “You Are The Problem”. La seconda metà dell’album rappresenta il sottile e lento passaggio verso uno sguardo più luminoso, amorevole. Gallo rende omaggio al personale risveglio spirituale di John Coltrane in “Love Supreme (Work Together!)”. L’album si chiude con “Happy Deathday”, che sfida a dimenticare qualunque cosa si conosca. Durante Stardust Birthday Party si scoprirà che la definizione di Gallo “weirdo punk-poet persona” non ha a che fare con la rabbia. Le chitarre sono fuzzy e rumorose, bilanciate con un lungo e profondo OM.





Blackswan, venerdì 30/08/2018

giovedì 30 agosto 2018

PUNCH BROTHERS - MOVEMENT AND LOCATION (Nonesuch, 2012)




Who's Feeling Young Now?, pubblicato il giorno di San Valentino del 2012, rappresenta per i Punch Brothers una sorta di consacrazione commerciale anche fuori dai canali roots: sia in patria, dove l'album arriva al numero 76 di Billboard 100 (e al numero 1 della Billboard’s Bluegrass Chart), sia lontano dagli States, visto che la band comincia a essere seguita con attenzione in Europa e in Italia.
Who's Feeling Young Now? risulta così un disco eclettico, ragionato ma al contempo leggero, a tratti, colorato, fresco e profumato di accenti primaverili, e tuttavia in grado anche di suggerire tenui malinconie autunnali. Oltretutto è suonato divinamente, con grazia e tecnica, ma senza alcun compiacimento, con la perizia, semmai, di chi sa come giostrare alla perfezione luci e ombre, pieni e vuoti, groove e digressioni strumentali.
Parte dell’attenzione mediatica che suscita il disco la si deve all'ottimo singolo Movement And Location, brano composto dalla band prendendo spunto da un’idea ritmica venuta a Chris Thile suonando il mandolino (una sorta di marchio di fabbrica del suono Punch Brothers), arricchita inizialmente da basso e chitarra, e poi sviluppata inserendo anche violino e banjo. Un brano molto particolare, con la bella voce di Chris Thile a evocare una tensione tra l’epico e il nostalgico, e un suono che fonde il roots americano a suggestioni brit pop alla Radiohead (il gruppo più amato e coverizzato dal quintetto statunitense).
Il titolo Movement And Location, movimento e posizione, nasce dalla condivisa passione di Chris Thile e Noam Pikelny (banjoista della band) per i Chicago Cubs e per il lanciatore Greg Maddux, che in quella squadra militò dal 1986 al 1992, e ancora, più tardi, dal 2004 al 2006.
Il testo venne scritto da Chris Thile di notte, dopo aver fatto ritorno dal Milk & Honey, il pub preferito del mandolinista, dove per ore aveva parlato con uno dei baristi di grandi lanciatori, ed entrambi avevano esaltato le doti di Greg Maddux, la sua capacità istintiva di trovare sempre la miglior posizione in campo, e la naturalezza dei suoi movimenti.
Un giocatore straordinario, diventato leggenda per tutti gli appassionati grazie a una serie di ragguardevoli record: fu, infatti, il primo lanciatore della storia della lega a vincere dal 1992 al 1995 quattro CY Young Award consecutivi (il premio assegnato ogni anno al miglior lanciatore della MLB), è stato l’unico giocatore nella storia della MLB a vincere almeno 15 gare per 17 stagioni consecutive, detiene il record di Guanti d’Oro vinti (diciotto) ed è stato, negli anni novanta, il lanciatore ad aver vinto il maggior numero di partite (ottavo in assoluto con 355).
A questi successi se ne aggiunge, quindi, uno indiretto: essere il protagonista di una delle più belle canzoni di sempre dedicate al baseball: Movement And Location.





Blackswan, giovedì 30/08/2018

mercoledì 29 agosto 2018

PREVIEW




Ted Horowitz a.k.a. Popa Chubby non ha avuto un inizio facile. In quanto artista blues bianco, il cantante, cantautore e chitarrista americano ha spesso provocato numerose critiche. Ma lui ha sempre continuato per la  sua strada, raggiungendo i suoi obiettivi grazie all’amore per il blues e l’hard rock, diventando uno degli artisti più innovativi del blues rock.
Ora la “Bestia” è tornata!...con un album che rappresenta più di ventotto anni di carriera. Prime Cuts: The Very Best Of The Beast From The East, è veramente un piccolo tesoro che contiene sia brani tratti dai suoi primi album, che brani contenuti negli album pubblicati in questi ultimi anni, come “The Catfish” e “Two Dogs.”
“Ho scelto questi brani,” dice Popa “analizzando un catalogo grande 28 anni. Questi sono veramente i “tagli pregiati.” Il meglio che lo chef ha da offrire. Perfettamente stagionati e serviti con amore.”
Ma Popa non sarebbe Popa se non avesse ulteriori canzoni brillanti da condividere con il suo pubblico. Con la copia fisica di questo doppio album, questo artista versatile confeziona 11 brani originali, mai pubblicati prima e disponibili solo su supporto fisico  (nove in studio e due dal vivo).

Prime Cuts: The Very Best Of The Beast From The East sarà disponibile dal 21 settembre 2018.





Blackswan, mercoledì 29/08/2018

martedì 28 agosto 2018

SHOOTER JENNINGS - SHOOTER ( Low Country Sound / Elektra, 2018)

Avevamo lasciato Shooter Jennings due anni fa alle prese con uno dei dischi più brutti dell’anno e, probabilmente, il peggiore della sua carriera. Countach, questo il titolo dell’album, era, infatti, una raccolta di canzoni (alcune cover e altre originali)composte o ispirate dal produttore italiano Giorgio Moroder: un omaggio, si fa per dire, che assemblava un'improbabile accozzaglia di dance elettronica anni '70 e '80 ed era pervaso da una costante sensazione di inadeguatezza.
Insomma, la classica pisciata fuori dal vaso, che non aveva nulla a che  vedere con il suo dignitosissimo passato artistico e, soprattutto, con la storia della sua famiglia (la mamma di Shooter è Jessi Colter, un’istituzione femminile del country, il papà è Waylong Jennings, semplicemente una leggenda). Se di fronte a un tale scempio, le critiche erano inevitabili, bisogna però apprezzare in Shooter la volontà di scartare da quell’ovvio percorso di vita artistica, sulla quale cotanta parentela lo aveva instradato.
Shooter ha scelto di non essere semplicemente “il figlio di” e di non adagiarsi sugli allori di un nobilissimo pedigree, ma ha imboccato una strada contorta e imprevedibile. Sebbene abbia rilasciato alcuni album decisamente in linea con la storia di famiglia, Shooter si è anche dilettato nella recitazione, ha creato la sua etichetta Black Country Rock, ha ideato programma radiofonico SIRIUS, ha prodotto altri artisti e ha persino lanciato sul mercato un abbigliamento da gioco. E alcune sue pubblicazioni sono state veri e propri azzardi, con l'opera rock distopica del 2010, l’ottimo Black Ribbons, e il pessimo Countach, di cui sopra.
Oggi, il nostro eroe torna con un disco, il cui titolo, privo di fantasia, evoca immediatamente un ritorno alle origini, di nuovo semplice nel suo svolgimento che guarda al country (il valzer di Living in a Minor Key) e al rock’n’roll (Bound Ta Git Down), con un occhio puntato al Sud (Do You Love Texas?) e uno all’appeal radiofonico, confezionato in confezione scintillante dalla produzione incisiva del solito Dave Cobb. Ci sono anche due grandi canzoni a completare il quadro: l’ariosa ballata pianistica Fast Horses & Good Hideouts, che sublima melodia alla Elton John e sonorità ispirate agli Eagles, e la conclusiva, umbratile, Denim & Diamonds, canzone che starebbe meravigliosamente nel songbook di Stevie Nicks.
Shooter non è certo un disco indimenticabile, ma riporta Jennings nell’alveo musicale a lui più consono, almeno geneticamente, confermando l’assunto che il quarantenne songwriter di Nashville quando si confronta con le sue radici, riesce sempre a tirare fuori il meglio di se, e quando esce dagli schemi, può tutto, nel bene e nel male.

VOTO: 6,5





Blackswan, martedì 28/08/2018

lunedì 27 agosto 2018

THE NATIONAL - BOXER/LIVE IN BRUSSELS (4AD, 2018)

Quando il 22 maggio del 2007 esce Boxer, i The National hanno alle spalle più di un lustro di carriera, punteggiato da dischi che li pongono sempre di più al centro dell’attenzione mediatica.
The National, esordio del 2001, Sad Songs For Dirty Lovers, sophomore datato 2003, che contiene Cardinal Song, il primo di tanti gioielli a venire, e soprattutto Alligator (2005), che segna il passaggio alla Beggers Banquet e tratteggia in modo ancora più distintivo il suono della band: la voce semi baritonale di Matt Berninger, le trame raffinate dei chitarristi, i gemelli Aaron e Bryce Dessner, una sezione ritmica dinamica e imprevedibile, testi che evocano letteratura, riferimenti alla new wave e al post punk anni’80, rielaborati però attraverso la filigrana di un cantautorato noir e intimista, e un mood prevalentemente malinconico.
Boxer rappresenta quello che si può chiamare il disco della svolta, una sorta di spartiacque che proietta i The National in una dimensione internazionale, suscita apprezzamenti incondizionati da parte della critica e produce i primi risultati in termini di vendite (e come tutti i grandi classici, Boxer venderà tantissimo anche negli anni a venire).
Un filotto di canzoni memorabili, in bilico tra ballata confessionale (Slow Show, Start A War) e sensazioni new wave pregne di ombroso romanticismo (Mistaken For Strangers, Apartment Story), da tenere stretto vicino al cuore e a cui abbandonarsi quando i propri struggimenti interiori necessitano del calore di una colonna sonora ad hoc.
Questo Boxer/Live In Brussels celebra il decennale dell’uscita del disco, con un concerto tenutosi il 9 novembre dello scorso anno, al Forest National, e la cui registrazione è stata pubblicata in occasione del Record Store Day, e solo successivamente, distribuita attraverso i consueti canali.
Il passatismo o retromania che sta dietro a queste operazioni è ormai un elemento caratterizzante del nuovo millennio; ma se certi recuperi hanno un senso perché arricchiti con materiale inedito o magari resi interessanti da ospitate o riletture acustiche, questo live risulta sostanzialmente inutile. La scaletta è, infatti, riproposta pedissequamente, nello stesso ordine in cui viene eseguita nel disco originale, e non c’è nulla che renda la presente reinterpretazione live degna di nota.
Non stiamo criticando certo un filotto di canzoni che non hanno perso un grammo del proprio peso artistico e della propria bellezza, né si può discutere su un’esecuzione senza sbavature, figlia di una band di professionisti che viaggia con il pilota automatico inserito (anche se la voce di Berninger, da quando il vocalist ha smesso di fumare, ha perso un po' di profondità).
Si discute invece sull’opportunità di un’operazione che sembra avere solo motivazioni commerciali e che, al massimo, potrà rendere felici irriducibili completisti o fan predisposti all’accanimento. Per tutti gli altri, il consiglio è di risparmiare soldi e continuare ad ascoltare l’originale, disco di struggente bellezza, che non ha certo bisogno di questa pleonastica riproposizione.

VOTO: 6





Blackswan, lunedì 27/08/2018

domenica 26 agosto 2018

PREVIEW



Battle Lines, il nuovo album del duo vincitore di un Grammy, Bob Moses, è in uscita il 14 settembre su Domino.
Battle Lines segue l’album di debutto del duo, Days Gone By, contenente la loro hit mondiale “Tearing Me Up.” La band ha registrato il nuovo album a Laurel Canyon, Los Angeles dopo aver scritto e testato il nuovo materiale in tour. Ispirati dai rave e dai club rock di tutto il mondo, Battle Lines esamina attentamente il mondo nel quale essi vivono.

“Questo album tratta delle battaglie e dei sacrifici che tutti affrontiamo,” ha detto il duo di Vancouver, ma di base a Los Angeles, formato da Tom Howie e Jimmy Vallance. “Battaglie dentro di noi, battaglie con la società, battaglie tra le persone, con le persone che amiamo, con le ideologie. Racconta anche delle difficoltà nell’identificare dove quelle battaglie iniziano e finiscono, e gli elementi che causano queste difficoltà e la sofferenza che ne deriva. Infine racconta lo sforzo di riconciliarsi con quelle cose, in qualche modo”

Nato nella scena underground di Brooklyn nel 2012, il duo ha pubblicato vari singoli e ha partecipato  a diverse performance live prima di firmare con la Domino e pubblicare Days Gone By. È seguita un’esibizione da Ellen, un paio di nomination ai Juno e ai Grammy (con la vittoria di un Grammy) e una hit, “Tearing Me Apart” entrata nella top 15 statunitense delle radio alternative.

Unendo riff di chitarra, atmosfere dance-floor e la scrittura di brani classici, il duo ha creato un sound che piace sia ai clubber che ai fan rocker. I Bob Moses si sono fatti una reputazione live di tutto rispetto, dopo anni passati in tour, partecipando ai più grandi festival come Glastonbury, Coachella, EDC e Lollapalooza.





Blackswan, domenica 26/08/2018

sabato 25 agosto 2018

THE MAGPIE SALUTE - HIGH WATER 1 (Mascot Label Group/ Provogue, 2018)

I Black Crowes non ci sono più e i due fratelli Robinson si stanno amorevolmente sul cazzo.  Su questo non ci piove, visto che Chris, ex frontman della band, non perde occasione per ribadire il concetto e prendere le distanze dal fratello Rich. I fans e i nostalgici, però, hanno trovato conforto nei Magpie Salute, progetto revivalista messo in piedi da Rich Robinson con la collaborazione degli ex componenti della band dei Corvi Neri (a fianco del chitarrista si allineano in buon ordine Marc Ford alla chitarra e Sven Pipien basso.
Se il primo omonimo album, uscito lo scorso anno, faceva pensare a una sorta di cover band (in scaletta c’era un solo brano originale – Omission - mentre le restanti nove canzoni sono reinterpretazioni di brani dei Black Crowes, di Bob Marley, dei Pink Floyd, di Delaney and Bonnie e dei Faces) e, pur nella sua dimensione clamorosamente passatista, suonava comunque divertente e brillante, High Water I (il secondo capitolo è previsto per il 2019) è invece un album composto interamente di canzoni scritte per l’occasione e mette in luce, finalmente, uno stile ben definito e un suono godibilissimo.
Aleggia sulla scaletta, e non poteva essere diversamente, il fantasma dei Black Crowes (non è un caso che Magpie significhi gazza); tuttavia, in High Water I c’è molto meno southern rock di quel che ci si potesse aspettare. Se, infatti, episodi come Take It All o Send Me An Omen (singolo di facile presa, reso irresistibile da quei coretti deliziosamente retrò), richiamano in auge i fasti di un suono indimenticabile, in altri episodi la band cerca strade che si discostano dalla via maestra. Il rock distorto e martellante dell’iniziale Mary The Gypsy romba ai confini dell’hard e pompa subito nelle vene una buona dose di adrenalina.
La successiva High Water sceglie la psichedelia e innesca reminiscenze hippie, ma è un po' troppo lunga e verbosa per cogliere nel segno. Psichedelica è anche Walk On Water, con quel cantato dagli accenti quasi pinkfloydiani e, soprattutto, la splendida Sister Moon, ballata percorsa da fremiti nostalgici e resa memorabile da un ritornello anche in questo caso imparentato con la band inglese di The Wall. Hand In Hand è un discreto blues sudista, You Found Me un carezzevole ballatone country, mentre Can You See sfoggia un prevedibile e roccioso abito rock blues confezionato da chitarre agguerrite.
Chiude la cadenzata Open Up, ballata da crepuscolo in quota CS&N, chiosando alla grande un buon disco, che palesa però qualche difetto in fase di scrittura. Quando la band azzecca l’intuizione, però, sforna canzoni all’altezza della propria fama, regalando a tutti gli appassionati di classic rock qualche valido motivo per non sentirsi orfani di un glorioso passato.

VOTO: 7 





Blackswan, sabato 25/08/2018

venerdì 24 agosto 2018

PREVIEW



I Pale Waves annunciano il loro atteso album di debutto.

My Mind Makes Noises esce il 14 Settembre 2018 su Dirty Hit e contiene i singoli ‘There’s A Honey’, ‘Television Romance, ‘Kiss’, e il nuovo singolo ‘Eighteen’, che è stato presentato ieri su BBC Radio 1 da Annie Mac’s Hottest Record.

L’album è disponibile per il preordine sulle piattaforme digitali, l’edizione in CD e l’edizione limitata in vinile rosso sono preordinabili sullo store della band. I primi 1000 a preordinare l’edizione in CD o vinile riceveranno una fotografia esclusiva della band.

L’uscita dell’album anticipa il tour dei Pale Waves in UK, Europa, Irlanda e Nord Americal. I biglietti e tutte le informazioni sono disponibili suwww.palewaves.co.uk.

Pale Waves sono Heather (voce, chitarra), Ciara (batteria), Hugo (chitarra) and Charlie (basso).

My Mind Makes Noises - Tracklist
Eighteen
There’s A Honey
Noises
Came In Close
Loveless Girl
Drive
When Did I Lose It All
She
One More Time
Television Romance
Red
Kiss
Black
Karl (I Wonder What It’s Like To Die)





Blackswan, venerdì 24/08/2018

giovedì 23 agosto 2018

CODY JINKS - LIFERS (Rounder/Concord, 2018)

Avevamo lasciato Cody Jinks nel 2016 con I’m Not The Devil, uno dei dischi di Americana più interessanti dell’anno, e il lavoro che ha dato una decisivo impulso alla carriera del songwriter texano, entrato per la prima volta nei piani alti delle classifiche di genere.
Nel 2017, Jinks ha iniziato a lavorare ai brani di questo nuovo Lifers, ha remixato e rimasterizzato Less Wise, full lenght del 2010, ripubblicandolo con l’aggiunta di tre brani, e si è cimentato (pericolosamente) in un’intensa e riuscita cover di Wish You Were Here dei Pink Floyd, exploit che gli ha procurato più di due milioni di visualizzazioni su facebook.
Il nuovo Cody Jinks, dunque, è un artista maturo, proiettato verso un futuro ricco di soddisfazioni, un artista consapevole delle proprie capacità di songwriter e forte di un vocione pazzesco, che gli permette di interpretare qualunque cosa, anche grandi classici della letteratura rock, con la sicurezza di chi sa di poter aggiungere sfumature nuove e nuova linfa vitale anche al risaputo.
Inserito, a ragione, tra gli epigoni di quella tradizione outlaw country, che annovera fra i padri putativi gente del calibro Waylon Jennings e Willie Nelson, Jinks esce oggi con il suo disco migliore, un’opera che rilegge un genere già ben codificato, se non con originalità, quantomeno con energia e passione. Ci sono ottime canzoni, in Lifers, che Jink snocciola con sincerità e con quel quid di autorevolezza che gli deriva da un incredibile backup band, composta da Joshua Thompson al basso (che produce in condominio con Arthur Penhallow), Dave Colvin alla batteria, Chris Claridy alla chitarra elettrica e Austin Trip alla slide guitar, elemento distintivo di quasi tutti i brani in scaletta.
A caratterizzare il sound, è soprattutto la voce profonda e volitiva di Cody, una sorta di marchio di fabbrica capace di ben adattarsi a diversi registri, dai momenti più grintosi alle ballate segnate da un mood malinconico. Apre le danze il riff elettrico di Holy Water, mid tempo potente, appena stemperato dal suono della slide e un sottofondo di un coro dagli accenti gospel che emerge nel finale.
Il disco si mantiene a livelli alti anche con la successiva Must be The Whiskey, country rock in cui il piano elettrico introduce a una centratissima melodia, e in Somewhere Between I Love You And I’m Leavin, struggente ballatone acustico, caratterizzato dal perfetto interplay fra piano, chitarra, slide e violoncello. Se in qualche momento il songwriting si fa ovvio, come avviene nella piacevole ma prevedibile Colorado, Jinks dimostra però di avere una marcia in più anche quando accende le polveri, come nel rock’n’roll alticcio della trascinante Big Last Name o nell’outlaw country in purezza di Can’t Quit Enough, o quando sposta gli accenti della narrazione, come avviene in Desert Wind, western song dalle atmosfere livide, o nella splendida e nostalgica Head Case, ballata che avrebbero potuto scrivere i The National se si dedicassero al genere Americana.
Un disco riuscito, sia per intensità interpretativa che per qualità di scrittura, che farà la gioia di chi già segue con interesse artisti del calibro di Chris Stapleton o Jake Smith, alias White Buffalo, con cui Cody Jinks ha più di un punto di contatto.

VOTO: 7,5





Blackswan, giovedì 23/08/2018

mercoledì 22 agosto 2018

PREVIEW




Paul McCartney ha annunciato l’uscita di un nuovo disco. L’album, che si intitolerà Egypt Station, sarà pubblicato via Capitol Records e sarà nei negozi a partire dal 7 di settembre. L’ex Beatles ha rilasciato anche il primo singolo tratto dall’album: Fuh You, questo il titolo della canzone, è un pop leggerissimo e dal suono molto moderno, ed è stato composto con la collaborazione di Ryan Tedder, cantante dei OneRepublic che l’ha prodotto.





Blackswan, lunedì 20/08/2018

martedì 21 agosto 2018

LORI MCKENNA - THE TREE (CN Records/Thirty Tigers, 2018)

Donna, 27 anni, un marito e tre figli piccoli. Sembra il profilo di una casalinga che passa il tempo ad accudire casa e ad allevare marmocchi o che magari, per sbarcare il lunario, fa i salti mortali svolgendo anche un lavoretto part-time. E’ questa la situazione in cui si trovava Lori McKenna nel 1996, anno in cui inizia a dedicarsi professionalmente alla musica.
Certo, Lori ha sempre scritto canzoni e suonato la chitarra fin da piccola, ma la piega presa dalla sua vita non avrebbe mai fatto immaginare un futuro nello star system. Invece, una sera, quasi per gioco, si mette a cantare durante una open night mic alla Blackhorn Tavern, un locale nei pressi di Easton (Massachusetts), impressionando talmente il pubblico che viene ingaggiata in pianta stabile dai proprietari. La nota, così, anche il manager Gabriel Unger, che la sprona a fare le cose sul serio e le produce quattro cd indipendenti, a distribuzione limitata, che però non passano inosservati. Viene infatti messa sotto contratto dalla Signature Sounds Records, vince un Boston Music Award e inizia a suonare in giro per gli States.
Nel 2007, fa un’apparizione in tv, al seguitissimo Oprah Winfrey Show, e poco dopo firma un contratto con una major, la Warner Bros. Da questo momento in poi, i suoi dischi fanno capolino regolarmente nelle parti alte delle classifiche di genere e il suo nome inizia a circolare insistentemente negli ambienti che contano. Lori, comincia, così una parallela carriera di autrice, scrivendo canzoni che poi verranno suonate e portate al successo da altri artisti.
Nel 2015, vince il Country Music Association Award per la canzone dell’anno con Girl Crush, portata al successo dai Little Big Town; nel 2016, vince il Grammy Award per la miglior canzone country sempre con Girl Crush e si porta a casa un altro Country Music Association Award per Humble And Kind, interpretata questa volta dall’amico Tim McGraw. Ma non è finita: con The Bird & The Rifle, penultimo disco in ordine cronologico datato 2016, viene candidata a ben tre Grammy Award, e vince un Academy Of Country Music Awards come songwriter dell’anno.
Una carriera, dunque, costellata di successi e grandi soddisfazioni, che, tuttavia, Lori vive sottotraccia e senza enfasi, preferendo l’understatement da persona comune alle luci della ribalta. E’ questo il motivo per cui il mondo ancora non si è accorto della grandezza di questa artista che, anno dopo anno, sforna dischi uno più bello dell’altro. Se The Bird & The Rifle era un gioiello da sfoggiare fra le cose americane migliori uscite nel 2016, The Tree non solo ne ribadisce la stordente intensità, ma lo supera ai punti per una qualità compositiva che non lascia scampo.
Se poi, come per il predecessore, in produzione ci mette mano Dave Cobb, che asseconda il talento della McKenna limitandosi a curare i dettagli e a rendere omogeneo il suono, allora diventa davvero difficile non usare parole altisonanti per raccontare questo disco.  Un suono deliziosamente retrò, che guarda agli anni ’70 senza passatismo, la voce calda di Lori, la triangolazione equilibrata fra folk, rock e country, e la sensazione di passare la mano sul velluto di arrangiamenti morbidissimi, sono gli elementi principali di un filotto di canzoni superbe, che la songwriter del Massachusetts plasma con classe infinita e con una straordinaria misura nell’equilibrare le emozioni.
Non c’è una sola canzone di The Tree che non faccia inumidire gli occhi e venire il groppo in gola, eppure non c’è alcun artificio o strattagemma che giochi con il ricatto della lacrima facile. Prevale su tutto, semmai, la sincerità artistica e l’onestà di canzoni senza fronzoli, che raccontano con profondità i momenti ordinari di esistenze ordinarie.  Inizia così The Tree, con la struggente A Mother Never Rest, una madre non riposa mai, nostalgica riflessione sui figli che crescono e prendono la loro strada, così come nostalgico è l’omaggio al proprio padre, oggi ottantatreenne, in People Get Old, in cui Lori canta “You still think he’s 45, and he still thinks that you’re a kid”.
Riflette sulla vita, la McKenna, sulle quelle esperienze affettive che potrebbe devastarti, ma che alla fine ti rendono più forte e coraggiosa (You Can’t Break A Woman), sugli impeti della gioventù, su quell’urgenza e quell’impazienza che spinge i giovani a volere tutto e subito (Young And Angry Again, con un suono di chitarra che rievoca Emmylou Harris e la sua Hot Band) e sulla perdita dell’innocenza e la consapevolezza dell’età adulta (in The Lot Behind St Mary’s, Lori canta di: the love we made before our teenage dreams were buried). Non c’è un solo riempitivo in The Tree, né un momento di stanca, a dimostrazione dello stato di forma di un’artista che continua a sfornare dischi indispensabili. Tanto che, a voler usare l’iperbole, basterebbero i due minuti di struggente perfezione di You Won’t Even Know I’m Gone a farci gridare al miracolo e a renderci felici di aver comprato questo disco.

VOTO: 8





Blackswan, martedì 21/08/2018

lunedì 20 agosto 2018

PREVIEW




Il 7 di settembre, Paul Simon pubblicherà, via Legacy recordings, In The Blue Light, un nuovo album in studio contenente la rilettura di dodici classici presi dal proprio vecchio repertorio. Canzoni che sono state ritoccate sia negli arrangiamenti che nelle liriche, rendendo più comprensibili testi il cui significato non era chiarissimo. Impressionante per qualità la lista di ospiti che ha contribuito alla realizzazione del disco: tra gli altri, il rombettista Wynton Marsalis, il chitarrista Bill Frisell, il bassista John Patitucci e i batteristi Jack DeJohnette and Steve Gadd.





Blackswan, sabato 18/08/2018